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26/12/24 ore

Povertà=terrorismo, l’equazione sbagliata di Papa Francesco


  • Antonio Marulo

Il terrorismo di matrice islamica così come l’abbiamo conosciuto a inizio secolo nella versione Al Qaeda e come lo stiamo in questi giorni assaporando con i tagliagole dell'Isis, c’entra poco o nulla con la povertà. Ce lo dicono prima di tutto i fatti e i personaggi che si sono resi protagonisti di atti efferati in questi ultimi lustri.

 

Tanto per fare gli esempi più noti, Bin Laden era uno sceicco saudita e chi si è schiantato sulle Torri gemelle non se la passava mica male. I “martiri” di Parigi non erano scarti della società e la donna kamikaze, cugina del capo del commando al Bataclan, poteva vantare addirittura un curriculum da imprenditrice.

 

Chi parla quindi di povertà che genera il terrorismo – come fa Papa Francesco in viaggio verso il Kenya - compie un atto di semplificazione grossolana, forse di comodo, di un fenomeno tutt’altro che compreso e tuttora incomprensibile in tutte le sue dinamiche perverse e contraddittorie, che sono anche il frutto del delirio degenerativo delle professioni di fede messe poi al servizio del potere e del denaro.

 

Sappiamo cosa, in passato anche lontano, l’uomo ha fatto manipolando e strumentalizzando il nome e la parola del dio cristiano. Oggi tocca all’Islam e al suo dio fare i conti con la strumentalizzazione di un libro sacro soggetto a innumerevoli e libere interpretazioni.

 

Cosa dire, dunque, di fronte alle parole di Bergoglio, secondo cui «l’esperienza dimostra che la violenza, il conflitto e il terrorismo si alimentano con la paura, la sfiducia e la disperazione, che nascono dalla povertà e dalla frustrazione»?

 

Si può intanto ribattere - eppure il Papa lo sa bene  -  che chi è povero ama troppo la vita e tutto ciò che sogna di poter fare, una volta uscito dalla miseria, per prendersi il lusso di diventare una bomba umana tra la folla di giovani festanti durante un concerto.

 

 


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