Mentre si attende il giudizio dell'antitrust sulla vicenda dell'acquisto di Rizzoli da parte della Mondadori, l'attenzione della "cultura" italiana si è spostata sulla "questione democratica" che la sottenderebbe. Stefano Mauri, presidente di Gems (Gruppo editoriale Mauri Spagnol), che ama presentarsi come il primo gruppo editoriale "indipendente" che copre poco più del 10% del mercato, divenuto, dopo l'acquisizione, il secondo dopo quello di Segrate, in una intervista a L'Espresso ha sottolineato: "... Mi aspetto che l’Antitrust apra un’istruttoria e ... tragga le sue conclusioni. Questo è un caso senza precedenti in Italia e in Europa, quindi non è così pacifico...".
Sembra che la spinta principale alla nascita della nuova casa editrice “La nave di Teseo”, a opera dell’ex direttore della Bompiani Elisabetta Sgarbi, sia proprio nella volontà di salvaguardare la “pluralità” nel mondo dei libri dopo appunto la fusione fra Mondadori e Rizzoli. Quasi che l’editoria italiana avesse finora espresso chissà quale apertura verso le voci non conformi e si sia distinta per aver diffuso autori e testi che non fossero omologati a un clima culturale quanto mai asfittico.
Con o senza il “colosso” Mondazzoli (che coprirà il 35-38% del mercato librario, assai meno di consimili europei), la desolazione dello scenario italiano dipende non tanto dalle concentrazioni degli editori ma più in generale dalla natura dei suoi protagonisti. A cominciare proprio dagli intellettuali che oggi si allarmano e si adunano attorno a Elisabetta Sgarbi che – al contrario di Calasso e della sua Adelphi, che sin da subito è uscito dall’accorpamento - ha deciso di dar vita a una nuova realtà imprenditoriale.
Mai precursori di eventi, ma piuttosto al seguito di mode o pedissequi replicanti del verbo politically correct, scrittori e promotori culturali hanno per lo più dimostrato di aver a cuore altro che non la libertà di pensiero o l’autonomia della critica. Né d’altro canto ciò meraviglia, poiché il carattere gregario pare contraddistinguere molti ambiti e realtà italiane.
Che si pretenda di intraprendere una battaglia in difesa dell’autonomia dell’attività intellettuale, quando di questa non si è data mai prova concreta con comportamenti e azioni conseguenziali lascia alquanto perplessi. Se a questo si aggiunge che il tono usato dai sostenitori della “nave di Teseo” mostra tutti i retaggi di un’intolleranza in cui si distingue l’eco delle presunzioni ideologiche, è ben difficile riconoscervi una qualche ragione di credibilità e di comunanza con il pensiero che dovrebbe caratterizzare una società aperta e libera.
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