...Perché poi la maggioranza ha sempre la minoranza che si merita, adatta al suo spessore. Per cui Matteo Renzi, con tutti i conclamati limiti, può nel Pd continuare a far finta di confrontarsi con chi è stato l’origine dei suoi successi, incarnata più o meno nei soggetti che anelano rancorosi di riprendersi il presunto maltolto. Quante volte in questi ultimi due anni abbiamo sentito parlare di resa dei conti; e quante volte la parola scissione è stata evocata… Alla fine tutto si è sempre risolto in un nulla di fatto, al massimo con qualche innocua fuoriuscita singola, vedi Civati e Fassina.
Anche nell’ultima direzione del Partito democratico è stato inscenato il solito rituale renziano a beneficio dei media, che ha avuto il meritato suggello nella “bersanata” del giorno dopo: ”nessuno mi butterà fuori dal partito, ci può riuscire solo la Pinotti schierando l'esercito".
Renzi ha così tirato un sospiro di sollievo, perché potrà ancora contare, anche dopo questa ennesima prova di finta forza, sull’aiuto involontario dell’opposizione interna. I suoi personaggi, le chiavi di lettura politiche, le proposte di governo e contro la crisi, gli slogan vacui restano infatti gli stessi, immarcescibili e immutabili: quelli che non affascinavano quando la minoranza era maggioranza, e non affascinano a maggior ragione adesso.
Del resto, parliamoci chiaro, a fronte di una gestione del partito mediocre, al limite anche distruttiva, da parte del segretario-premier, due anni e più si sono persi senza che nulla cambiasse in chi aveva il compito di fare da pungolo, preparandosi a creare i presupposti per riprendersi lo scettro magari con figure nuove di leader. E invece eccolo, immarcescibile, Bersani appunto, diventato la parodia del se stesso in Crozza; e Gianni Cuperlo, l’eterna giovane promessa, che si è fatto signore di mezza età garbato, elegante e con la erre nobiliare, ma che – privo della statura da leader - va di fioretto nelle sfide a sciabola.
E poi Lui, il leader Massimo, il re dei rottamati, intento in questi anni ad occuparsi d’altro – almeno questo dichiarava a ogni piè sospinto – e che ora, fiutando il sangue del nemico, parrebbe pronto a scattare sulla preda. In queste ultime settimane lo abbiamo visto particolarmente attivo e presente, venendo meno al saggio consiglio di tenersi dietro le quinte a fare ciò che sa far meglio (tramare?), perché la sua visibilità si traduce – a torto o a ragione - in un memorabile spot per l’avversario di turno.
Nell’ultima sua trovata sul fronte del No al referendum costituzionale, in collaborazione con Gaetano Quagliariello, ha dato in tal senso il meglio di sé, raccogliendo molti reduci di diversa estrazione. C’è chi – irriverente - ha parlato di accolita, chi di accozzaglia, chi della proverbiale armata Brancaleone…
Ma forse sarebbe meglio definire la reunion "neodalemiana" alla Residenza di Ripetta semplicemente pittoresca, grazie a una lista di convenuti di tutto rispetto, tra i quali Fini, Dini e Cirino Pomicino, Ingroia e Rodotà, il redivivo Cesare Salvi, Brunetta e Gasparri… e poi Bobo Craxi e Paolo Romani, ma anche Mucchetti e Pippo Civati …, giusto per citarne alcuni. Tutti insieme, non propri appassionatamente, a denti stretti per dire No, incuranti di quel loro effetto perverso – a naso turato - a favore del Sì.
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