Dal primo turno delle presidenziali francesi sono emersi per il ballottaggio del 7 maggio Emmanuel Macron e Marine Le Pen, transfuga il primo da un Parti Socialiste nel quale era stato presente per poco tempo e solo ad alti livelli (consigliere economico del Presidente della Repubblica Hollande, Ministro dell’Economia) e con un (breve) passato da… banchiere di investimenti presso i Rothschild, e la leader del Front National, che ha riciclato da troppo manifeste simpatie di estrema destra, tendendo a rappresentare una destra largamente accettabile nel paese, con la difesa estrema della “nation”, un tasto cui i francesi sono estremamente sensibili e che contiene rischi molto elevati.
E con esiti non disprezzabili, perché ha ottenuto (con oltre sette milioni e mezzo di voti pari al 21 e mezzo per cento) il miglior risultato ottenuto sinora dal suo partito. E il secondo posto (con un 1,5% di voti in più rispetto a Fillon, candidato dei Répubbicains - ex gollisti) è anch’esso un dato significativo, perché nel 2002 quando pure il Front National arrivò al ballottaggio (in persona di padre di Marine, Jean Marie) fu dovuto al fatto che i socialisti arrivarono terzi, per la debolezza del loro candidato, Lionel Jospin – e vinse il conservatore Chirac, con un esito strepitoso.
Marine Le Pen cioè è in grado di riscuotere nell’elettorato simpatie, che il padre non avrebbe mai potuto sperare di ottenere. Tante da mettere a rischio la vittoria di Macron? Certo sembra un po' difficile, ma un’elezione è pur sempre…. un’elezione, anche se Macron ha ottenuto quasi un milione di voti in più e soprattutto un’unanime indicazione di voto per il secondo turno da parte dei candidati repubblicano e socialista sconfitti.
Nella fattispecie, poi si tratta anche di un’elezione particolare, perché il risultato del primo turno rivela il disfacimento del vecchio schieramento politico, figlio della stagione gollista e post gollista, imperniata sulla destra dei Républicains (già Rassemblement pour la République, Union pour un Mouvement Populaire…. dal dopoguerra il partito gollista aveva avuto altre sette denominazioni) e la sinistra socialista, la prima in difficoltà interne e la seconda che appare dissolta.
Macron ha ottenuto quasi un milione di voti in più e soprattutto un’indicazione di voto per il secondo turno da parte del candidato della destra moderata e di quello socialista, mentre Jean-Luc Mélenchon, (che ha ottenuto il 19% dei voti - uscito “da sinistra” dal Parti Socialiste nel 2008, gran nemico del liberalismo e che rappresenta ora un fronte in cui convergono anche posizioni di nuova sinistra, antiglobalizzazione, euroscetticismo, per l’uscita della Francia dalla NATO perché intacca la sovranità nazionale…) si è limitato a dire che lui fa una differenza fra un nemico politico e una nemica della Repubblica.
E Macron si è presentato negli appuntamenti elettorali con due bandiere, quella della République e quella dell’Europa, mentre Marine Le Pen in una presenza televisiva ha preteso che si togliesse quella dell’Europa… Nella sfida del 7 maggio, cioè, l’Europa sarà presente come un elemento discriminante, e Macron tenterà di risollevare il discorso, guarda caso, proprio dalla creazione di un’integrazione militare, sulla quale cadde nel Parlamento Francese- nel 1954 - la spinta federalista del dopoguerra.
Quale potrà essere, se Macron sarà presidente, la consistenza di questa spinta non è c erto possibile presagire. Resta però il fatto che, di fronte alla stagnazione del cammino dell’Europa in questi ultimi anni la posizione di Macron non è certo priva di rilievo, perché, nel momento del disfacimento delle forze politiche tradizionali e della temuta avanzata del populismo (in Europa e in America) un tentativo di rilancio, e proprio in Francia, riscuote anche un consistente consenso popolare. E non è poco che alla Brexit e al reazionario tentativo euroscettico di seppellire il discorso europeo, proprio dalla Francia arrivi un rilancio democratico, animato da una componente che crede nell’Europa.
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