Continua a tuonare il cielo siriano. Nelle scorse settimane l’esercito ha incominciato a servirsi dell’aviazione per attaccare le roccaforti ribelli e proprio ieri, secondo quanto riferito dagli attivisti, un aereo avrebbe lasciato cadere una bomba sulla capitale siriana, per la prima volta dall’inizio del conflitto.
I bombardamenti avrebbero interessato anche la periferia della città di Damasco, dove, secondo i Comitati di Coordinamento, si concentrerebbero i gruppi dei ribelli; ‘’terroristi’’, come li ha definiti la tv di stato, responsabili anche dell’uccisione del generale dell’aviazione Abdallah Mahmud Al Khalidi.
Numerosi inoltre i raid aerei da parte dell’aviazione registrati nelle regioni di Homs, Dayr az Zor, sulle colline a est di Latakia e su Aleppo. A quanto detto si aggiunge la recente notizia di una moto bomba – secondo l'agenzia ufficiale Sana un ordigno piazzato da gruppi terroristici in un bidone della spazzatura nella zona di Sayyida Zeinab – esplosa questa mattina nei pressi di un santuario sciita a sud di Damasco, che ha provocato la morte di 8 persone e decine di feriti.
La notizia, diffusa dall'Osservatorio per i diritti umani con base a Londra, sarebbe stata confermata dalla tv di stato la cui versione sul bilancio delle vittime - 6 morti e 13 feriti - differisce da quella dell’Osservatorio. Quella che il premier e ministro degli esteri del Quatar, Hamad ben Jassem Al Thani, ha definito "una guerra di sterminio contro il popolo siriano", non si è placata neanche nei quattro giorni di tregua proposti dall’Onu per osservare la festa islamica del sacrificio, durante la quale invece gli scontri avrebbero continuato a mietere vittime (stando a quanto riferito dagli attivisti e riportato dalla BBC sarebbero morte più di 400 persone).
Di violenze, morti e combattimenti parlano anche i numerosi profughi che, costretti a fuggire dai propri villaggi, trovano rifugio nella città di Arsaal. E mentre l’opposizione richiede la formazione in tempi rapidi di un governo in esilio al fine di ottenere maggior sostegno da parte dei Paesi Arabi e della comunità internazionale, il premier qatariota spende amare parole nei riguardi del governo siriano e della la comunità internazionale, e in particolare del Consiglio di Sicurezza, i quali, a suo dire, avrebbero dato ‘’il permesso di uccidere’’.
Alle difficoltà date dall’impossibilità di verificare qualsiasi informazione e notizia su un conflitto che, in corso da Marzo 2011, avrebbe prodotto più di 36mila vittime, si aggiungono i numerosi problemi che l’ufficio Onu per il coordinamento per gli aiuti umanitari sta riscontrando nelle consegne dei beni.
Pare, infatti, che la prassi voglia che le merci siano ‘’intercettate’’ dalla Mezzaluna Rossa siriana la quale provvede in seguito a distribuirle alla popolazione, impedendo così qualsiasi consegna diretta dei beni. Netta anche la posizione del ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu che, deciso a escludere ''qualsiasi tipo di dialogo'' con il regime siriano, respinge la proposta di Mosca di avviare un dialogo col regime del presidente Bashar al Assad.
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