È durata tre settimane la pia illusione degli indipendentisti catalani che poteva far gioco alla loro causa avere alla presidenza del Parlamento europeo David Sassoli al posto di Antonio Tajani. Adesso Sassoli ha ratificato senza fiatare la decisione del Tribunal Supremo spagnolo che respinge la sentenza della Corte di Giustizia europea sul diritto del detenuto Oriol Junqueras di sedere sul suo seggio al Parlamento di Strasburgo, anche ai catalani è chiaro quel che è chiaro agli italiani: quando il gioco si fa duro è meglio non fare affidamento su David Maria Sassoli.
In realtà non è solo una questione di spina dorsale (che pure è giusto evocare, tanto che a Esquerra Republicana Catalana, il partito di Junqueras, esigono da Sassoli che «spieghi apertamente» le pressioni che ha avuto per secondare senza batter ciglio il Tribunal Supremo). Sassoli, come Tajani, è stato eletto presidente soprattutto per la sua alta compatibilità politica e culturale con questa Unione europea intergovernativa.
In più è zelante: zelante nell’adeguarsi alla giustizia europea rilasciando subito il tesserino di europarlamentare a Puigdemont e Comin (ma non aveva alternative); zelante e pure docile nell’accogliere la decisione della giustizia spagnola, anche al prezzo di abbandonare al suo destino un proprio parlamentare regolarmente eletto, e pure incarcerato per reati politici.
Con la beffa, per di più, perché motu proprio Sassoli ha riconosciuto retroattivamente a Junqueras lo status di eurodeputato dal 2 luglio 2019 fino al 2 gennaio scorso. Un’assurdità, visto che Junqueras non è mai uscito dal carcere e non ha mai potuto esercitare le sue funzioni e le sue prerogative a Strasburgo.
Il bello è che mentre il Presidente del Parlamento europeo si adeguava con tanta docilità al Tribunal Supremo spagnolo, due portavoce della Commissione europea, Dana Spinat e Stefan de Keersmaecker sembravano meno inclini a prendere sportivamente la ‘‘disobbedienza’’ della magistratura spagnola, quella tanto inflessibile con le disobbedienze catalane.
L’ultima quella del successore di Puigdemont, Quim Torra, che per essersi rifiutato di togliere uno striscione di solidarietà con i prigionieri politici dal balcone della Generalitat si è beccato lo scorso dicembre un anno e mezzo di interdizione dai pubblici uffici, e adesso si è visto togliere il seggio di deputato e perfino destituire dalla sua carica di Presidente.
Ma torniamo ai due portavoce della Commissione. Riconoscendo che si è venuta a creare una situazione giuridica «nuova e complessa», i due hanno dichiarato che «tutti gli Stati membri devono rispettare le regole e le decisioni della Corte di Giustizia dell’Unione europea che sono vincolanti per le giurisdizioni nazionali».
Qualora poi la situazione dovesse ulteriormente capovolgersi, anche perché gli avvocati di Junqueras non intendono darsi per vinti, anche perché qualcosa dovrà pure inventarsi Pedro Sànchez, che è premier anche grazie all’astensione dei deputati di ERC, si può dare per scontato che David Maria Sassoli avallerà quel che ci sarà da avallare una volta di più.
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