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23/11/24 ore

Pdl: lealisti e dissidenti, la mappa del “nuovo” che avanza


  • Ermes Antonucci

Prevedere l’esito dello scontro tra i “falchi” e le “colombe” all’interno del Pdl risulta un’operazione ancora molto difficile. Non è dato di sapere per ora se gli “scissionisti” formeranno un nuovo gruppo, anche se nelle ultime ore questa ipotesi sembra congelata. L’unica cosa certa, per ora, è l’identità dei “dissidenti”. Volti ben noti che, in varie misure, hanno manifestato il proprio smarcamento dalla leadership carismatica di Silvio Berlusconi, dopo due decenni di adulazione politica e personalistica. E allora vediamoli questi “diversamente berlusconiani”, come li ha definiti il redivivo Angelino Alfano.

 

 

Uno dei ribelli in prima linea è Roberto Formigoni, governatore per quattro mandati consecutivi (17 anni) della Lombardia grazie da una profondissima commistione con Comunione e Liberazione, la grandiosa macchina da guerra religiosa (anzi, politica) che ha occupato e continua ad occupare, di fatto, tutti i centri di potere della regione. Scaricato da Cl dopo la bufera giudiziaria che ha investito la sua giunta, Formigoni ha ricevuto come “buona uscita” la candidatura nelle liste Pdl al Senato, dove è riuscito puntualmente ad essere eletto.

 

Abbandonato Formigoni, Comunicazione e Liberazione ha deciso di individuare il suo successore in Maurizio Lupi, oggi ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti nel governo Letta e anch’egli tra i ribelli dell’ultima ora. L’investitura è avvenuta nell’ultimo Meeting di Cl a Rimini, lo scorso agosto, quando al ministro è stato riconosciuto il ruolo di “cerimoniere” al posto dell’ex governatore lombardo. Si fa fatica, dunque, anche in Lupi (simbolo, con Formigoni, di un retrogrado sistema di potere politico, economico-finaziario e religioso quasi di stampo ante-caduta del muro di Berlino) ad identificare la presenza di idee realmente “rivoluzionarie” o quantomeno innovative.

 

Un altro ribelle è Maurizio Sacconi, socialista pentito conosciuto ai più soprattutto per essersi opposto nel 2008 – assieme a Gaetano Quagliariello (tra i “saggi” di Letta e anche lui oggi dissidente) – all’interruzione dell’alimentazione artificiale che teneva in vita Eluana Englaro, da 17 anni in stato vegetativo permanente, beccandosi tra l’altro la denuncia dei Radicali per “violenza privata mediante minaccia”.

 

Anche il fido Fabrizio Cicchitto ha voltato le spalle al suo leader Berlusconi, bisticciando inoltre in maniera molto accesa a Ballarò con il direttore del giornale di Famiglia (Il Giornale) Alessandro Sallusti. Ex socialista (per circa 30 anni) ed ex membro della P2, Cicchitto ha deciso di votare la fiducia al governo Letta non prima di aver lamentato, in modo paradossale, l’assenza di qualsiasi forma di dibattito nel Pdl (“Ho chiesto di parlare in assemblea ma mi è stato negato”).

 

Tra gli autori della frattura – che ora rischia di trasformarsi in una vera e propria scissione – figura anche Carlo Giovanardi, pure lui residuo della Prima Repubblica (in questo caso democristiano). Lo si ricorda per aver ricoperto incarichi ministeriali in tutti e tre gli ultimi governi Berlusconi, per le sue sparate omofobe e soprattutto per aver fornito il proprio nome alla famosa legge Fini-Giovanardi, che da sette anni contribuisce a riempire e sovraffollare le carceri italiane.   

 

Sullo sfondo, infine, resta il vicepremier Angelino Alfano. Dopo aver vissuto per anni all’ombra del suo leader-padrone, il “delfino” ha scelto di dare una spallata al Cavaliere e al futuro del suo partito. Come nei migliori romanzi, l’allievo che si ribella al maestro. Un allievo che ora, però, si ritrova spaesato: aver trascorso la propria vita politica in assoluto secondo piano e sulle spalle del maestro potrebbe ben presto mettere in luce la totale mancanza in lui di qualsiasi capacità decisionale autonoma ed efficace. 

 

Il nuovo che avanza. 

 

 


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