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03/05/24 ore

Da Veltroni a Renzi, quelle scelte giovani simbolo del cambiamento


  • Florence Ursino

“Oggi non finisce la sinistra, finisce una classe dirigente. Che ha fatto la sua parte ma che ora si deve fare da parte. Ora tocca a noi guidare la macchina”. E Matteo Renzi, perciò, per il suo (lungo?) viaggio ha deciso di scegliere una squadra di 'autisti' giovani e svegli, pronti a guidarla, questa macchina targata Pd, lungo la tortuosa via che dovrà far uscire la Sinistra dal pantano di idee e azioni in cui ormai da tempo pare esser precipitata.

 

Il neo segretario del Partito Democratico, quindi, nella scelta del suo team, ha così deciso di puntare su 12 collaboratori, tutti rigorosamente under 40, tra cui spiccano ben 7 donne.

 

Ma, al di là della facile e insulsa retorica sul gentilsesso al volante, si è proprio sicuri che nella nuova squadra di Renzi tutti abbiano la patente necessaria per far muovere il vecchio carrozzone democratico? Si prenda ad esempio Marianna Madia, che nella segreteria renziana si occuperà di Lavoro.

 

Trentatrè anni, romana, dottora in economia del lavoro, la figlia del giornalista e attore Stefano Madia viene battezzata politicamente nel febbraio 2008, quando, grazie all'amato-odiato Porcellum, Walter Veltroni, in vista delle elezioni politiche le propose di candidarsi come capolista a Roma in quanto in quanto 'volto nuovo' ed 'estraneo agli apparati': il 22 aprile dello stesso anno la giovane è eletta alla Camera dei deputati, dove entra fiera della sua “inesperienza politica” (ipse dixit).

 

Passa il tempo e passa la legislatura e di lei, voluta dall'ex sindaco di Roma come simbolo del rinnovamento, si perdono le tracce. La si ritrova, poi, l'interessata, candidata alle primarie del Pd del 20 dicembre 2012 e, successivamente, eletta alla Camera dei deputati nella XVII legislatura e membro della Commissione lavoro. Ma anche qui regna il silenzio sull'attività politica della onorevole.

 

Poi, oggi, grazie alla svolta renziana, il suo nome riappare come uno dei simboli di quel rinnovamento generazionale della classe dirigente da cui, Renzi docet, non può prescindere l'ambizione di “cambiare l'Italia” e la politica di chi la governa. Tuttavia sarebbe ingenuo – e un po' opportunistico – pensare alla giovane età e all'energia costruttiva che sicuramente da essa deriva come elementi sufficienti a “scardinare il sistema” e “ricostruire” una sinistra forte e in grado di porsi come vero interlocutore nel quadro politico attuale.

 

Le aspettative sono tante, la fiducia – considerata la stracciante vittoria di Renzi alla Primarie – anche: la speranza è ora che ciò che simbolicamente pare funzionare riveli anche un'autentica forza (ri)costituente, con azioni mirate a raggiungere quel nuovo che, sia chiaro, non è perseguibile unicamente a colpi di schede anagrafiche.

 

 


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