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16/11/24 ore

Scuola, non è ancora la volta “buona”


  • Antonio Marulo

“È abbastanza sorprendente: se facciamo da soli siamo `dittatorelli´, se facciamo i decreti siamo antidemocratici, se facciamo i ddl non siamo abbastanza spediti, siamo in ritardo”. Bisogna pur ammetterlo che Matteo Renzi ne trova una ad hoc per ogni occasioni.

 

Si tratta della famosa “pezza a colore” da piazzare alla bisogna, che sulla “buona scuola” ha preso la forma del senso di responsabilità di un premier che finalmente vuole coinvolgere il Parlamento non prima di aver consultato uno a uno tutti i ministri, anche quelli che col tema c’entrano poco o nulla. Poi il 10 marzo sarà varato il decreto: non più quello Legge, ma quello legislativo, diversamente da quanto in un certo senso annunciato. Un cambio di rotta, non è la prima volta, affrontato dal premier con la proverbiale “faccia tosta” in conferenza stampa.

 

«Ci sono le condizioni perché il Parlamento possa legiferare, in tempo non biblico, senza la necessità di strumenti di urgenza» ha spiegato. Eppure, di priorità e d'urgenza si parlò fin dall’insediamento del governo un anno fa. Si misero al primo punto Jobs act e, appunto, “la buona scuola”. Il primo ha visto la luce il 1 marzo scorso, la seconda è ferma tuttora al palo.

 

Poco tempo fa lo stesso Renzi ammise il colpevole ritardo, annunciando nuovamente in pompa magna che si era prossimi al varo della riforma. Oggi la nuova frenata. Evidentemente qualche problema c’è. E non riguardata certo la necessità di coinvolgere il Parlamento. In gioco ci sono molti fronti spinosi, dagli sgravi fiscali per le scuole paritarie all’imbarcata in pianta stabile di 150mila precari, come d’annuncio fatto a settembre: una bella sanatoria prima di cambiare i criteri di assunzione, basati – dice il ministro Giannini – su «un sistema di valutazione degli insegnanti innovativo e rivoluzionario per il Paese che finora ha visto la progressione di carriera legata solo all’anzianità».

 

In proposito Palazzo Chigi rassicura: «Non c’è alcun rischio che slittino le assunzioni». Atto di generosità a parte, sarà un bene per la “buona scuola” (oltre che per le casse statali)? 

 

 


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