Entrare in qualche modo dalla finestra dopo essere uscito dalla porta. È un po’ il destino, una sorta di “karma” - direbbero gli amanti dell’ascetismo orientale -, dei soldi pubblici alla politica, che già riaffiorarono sotto le mentite spoglie dei Rimborsi elettorali, dopo il sì al Referendum abrogativo voluto dai radicali.
A febbraio 2014, sull’onda demagogica dell’antipolitica, il Parlamento aveva convertito un disegno di legge del Governo Letta con l’intento - direbbe oggi Renzi - di “cambiare verso”, aprendo alla raccolta privata e al sistema del 2x1000. La norma aveva previsto un graduale abbandono al finanziamento pubblico, con la diminuzione progressiva in tre anni dell’entità dei rimborsi fino all’azzeramento.
La legge aveva stabilito fra l’altro i criteri da rispettare per poter accedere al finanziamento, istituendo anche una Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti, per verificare la regolarità e la correttezza dei bilanci presentati, prima di dare il via libera al contributo.
Ironia (ironia?...) della “sorte”, per carenza di personale la Commissione ad hoc non ha lavorato sugli anni di riferimento 2013 e 2014. Così è scattata – come da legge suddetta – la sospensione dell’erogazione, che quest’anno ammonta a circa 45milioni di euro. Da qui l’intervento urgentissimo del Parlamento, che in quattro e quattr’otto ha deciso di aggiustare il tiro sull'impianto normativo, approvando la Legge Boccadutri che tra le altre cose sblocca i fondi: una "sanatoria" sulla fiducia dal retrogusto sgradevole, che costituisce grasso che cola per la demagogia anti-casta del M5S, fatta rinunciando alla propria quota parte mentre si maneggia la BoccadutriCard. (A.M.)
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