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23/11/24 ore

I “vincitori” del referendum Trivelle



La rissa post voto referendario ci consegna il consueto quadro di vincitori contro nessun perdente. Nessuno ha voluto e saputo mancare all’esilarante rito nemmeno davanti ai numeri inequivocabili, per altro ampiamente attesi vista l’indifferenza ormai consolidata dell’elettorato alla massima espressione di democrazia diretta prevista dalla Costituzione.

 

Così, il 30% di partecipanti al voto è diventato motivo per rinvigorire la battaglia sulle trivelle e nel contempo proseguire la personale guerra interna al Pd, come dimostra il presidente della Regione Puglia, Emiliano, che di fatto ha ascritto a sé i milioni di Sì, ai quali il governo dovrebbe dar conto, quorum o non quorum.

 

Ma se i referendari “ufficiali” non ci vogliono stare, si è fatta largo la categoria dei “vaghi”, di quelli che dopo aver messo il cappello sull’iniziativa anti-trivelle, si sono ex post defilati con una stravagante spiegazione al flop, più che altro funzionale alle loro esigenze di apparire non perdenti. Nella fattispecie, per il grillino Luigi Di Maio gli elettori (quindi anche i simpatizzanti 5stelle) avrebbero all’ultimo momento capito che si trattava di guerra per bande all’interno del Pd e si sarebbero disinteressati del voto.

 

Intanto, i paladini dei diritti a corrente alternata non hanno smesso di richiamare lo scandalo dell’invito all’astensione fatta da un capo di governo. Le argomentazioni sono ormai note e tutte plausibili, per certi aspetti convincenti. Peccato che provengano più che altro da quelli che, tanto per fare un esempio, parteciparono al boicottaggio dei referendum sull’articolo 18, che fu per l’appunto insieme ad altri affossato dal non voto.

 

Quanto al vincitore vero o presunto tale, c’è da dire che le sue dichiarazioni a caldo mal celano la tensione del momento. Prima il riferimento demagogico ai lavoratori che avrebbero perso il posto di lavoro (ma non era un referendum inutile che di fatto non dava effetti, se non limitati e non immediati?); poi il richiamo spudorato ai soldi sprecati per la consultazione referendaria, quando invece si potevano risparmiare (non tutti, ma in buona parte) se si fosse optato per l’election day con il voto comunale di giugno.

 

Urticante per alcuni è stata anche la critica di Renzi all’informazione Tv. La cosa ha indispettito Enrico Mentana, che ci ha regalato la perla delle urne chiuse: la Tv informa, ha detto piccato il direttore del TgLa7, attaccando l’unica dichiarazione inconfutabile (anche se, di nuovo spudoratamente, pro domo sua) che il Presidente del Consiglio ha fatto nell’ultimo semestre almeno. (A.M.)

 

 


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