La politica è anche l’arte del compromesso e spesso in Italia dal suo abuso scaturiscono mostriciattoli indigesti. In tal senso, anche la legge Cirinnà sulle Unione civili scontenta gli opposti schieramenti su molti punti e presenta maldestre lacune - che non riguardano solo l’annosa questione del riconoscimento dei figli, a cui probabilmente presto si dovrà rimediare per arginare gli effetti collaterali indesiderati -; ma comunque rappresenta un passo deciso in avanti, dopo anni d’attesa, rispetto al vuoto normativo su diritti non più eludibili.
Almeno questa è la vulgata che va per la maggiore e così devono averla pensata pure i grillini, che, tuttavia, un po’ come Fonzie nella serie 'Happy days' (perdonate se i 5 stelle ci solleticano citazioni poco dotte) che non riusciva a dire “ho sbagliato… scusa”, nemmeno in questa occasione più propizia ce l’hanno fatta a votare una legge appoggiata dal Governo, preferendo invece una strada di comodo.
Alessandro Di Battista (fa tenerezza ormai), a "Otto e mezzo" della Gruber, ha cercato di spiegarne i motivi, arrampicandosi (c’ha fatto il callo ultimamente) con imbarazzo sugli specchi. Si è prima agganciato alla questione un po’ deboluccia dell’ “obbligo di fedeltà”, per poi dire in sostanza che “noi non siamo quelli del meno peggio”. Poi però si è scelta un’ipocrita e inutile astensione per non farsi “mascariare”..., a conferma di quanto sia complicato tradurre la politica del vaffanculo in atti concreti e più costruttivi.
Per ora, questa linea di condotta pare che paghi, almeno a dare credibilità ai sondaggi che vedono il Movimento in ascesa, nonostante tutto. Ma fino a quando?
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