
Secondo alcuni sondaggi d’opinione il 70% degli italiani sono contrari al riarmo (e solo poco più del 30% sono favorevoli alle ragioni dell’Ucraina aggredita dalla Russia). Molti politici e opinionisti dicono: vogliamo la pace non la guerra, come se l’affermazione irenica bastasse a creare l’arcobaleno. Si può non essere interessato alla guerra (per un nonviolento e un obiettore di coscienza è un atto costitutivo della propria identità) ma la guerra è interessata a noi.
“ … La realtà è più forte delle idee - scrive Francesco Sisci - La realtà è che, giusto o sbagliato, l’America di Donald Trump non vuole più pagare per la difesa italiana. Del resto, gli americani non hanno la sanità, la scuola gratuita, l’assistenza sociale che ci sono in Italia e in Europa. Nella ricchissima New York donne abbandonate da mariti o compagni faticano notte e giorno in due, tre lavori contemporaneamente per mantenere i figli senza alcun aiuto dallo Stato. Perché gli Usa devono maltrattare propri cittadini per fare risparmiare alle forze armate dell’Italia che poi spende in coccole ai suoi?
Quindi o l’Italia resta disarmata, o paga le sue spese militari (va ricordato che in clima di Guerra, prima della caduta del muro di Berlino e il crollo sovietico, l’Italia spendeva il 4% del PIL per la difesa militare e dal 1990, avendo ritenuto che fossero venuti meno i rischi di aggressione, scese all’1,5%), con tutto quello che comporta. Non c’è alternativa fuori dal mondo dei sogni. Se l’Italia non si arma perde comunque il suo stato sociale, solo che lo perde insieme alla sua indipendenza politica e facendo iniziare una guerra. Un Paese disarmato, o poco armato, non è mai restato indipendente o ha evitato la guerra. Anzi ha perso l’indipendenza e attirato un attacco militare esterno.
Il problema non è una scelta tra pace o guerra. Nessuno, sano di mente, vuole la guerra, la distruzione della propria casa, la sua famiglia, i suoi affetti. Ma proprio per evitare la guerra bisogna prepararsi. Chi non si prepara, di fatto la istiga, la fomenta. I veri guerrafondai sono coloro che si oppongono al riarmo del proprio Paese…”.
Il disarmo funziona quando due o più contendenti si siedono a un tavolo e si accordano su un piano di riduzione della tensione. Significa che bisogna lavorare con la politica, la diplomazia. Parte di ciò è prepararsi alla guerra.
Ma se l’altra parte si riarma e noi restiamo immobili, invitiamo la sua invasione: la politica come la fisica non tollera i vuoti. Oggi la Russia ha ricostruito in tre anni la sua industria bellica, con l’aiuto di Cina, Nord Corea e Iran. Questa industria non può essere riconvertita in civile nello spazio di un mattino, anche se la pace scoppiasse domani e Mosca volesse. L’ombra della minaccia russa potrebbe restare per molti anni.
“… Se l’America non può o non vuole occuparsi della difesa italiana - scrive ancora Sisci - , che può fare realisticamente l’Italia? La scelta è essere invasa direttamente o indirettamente dalla Russia o da una banda di predoni libici, oppure unirsi attivamente al piano di difesa europea che oggi solo può tutelare il Paese.
Può darsi che l’Italia desideri diventare una colonia di Tripoli, una succursale di Benghazi, o una Bielorussia del mediterraneo -, che Mosca, a cui è sfuggita la conquista di Odessa, luogo di nascita di “O sole mio”, voglia cantare la canzone direttamente a Napoli…”.
Poi come attivare il piano di riarmo, è un altro discorso, ma la scelta deve essere posta in maniera autentica, non finta. È questione che non ha destra o sinistra, nord o sud, ma fa o disfa la nazione. Ai cittadini italiani, i suoi intellettuali, le sue classi dirigenti, la gente che vive nelle periferie, nelle province spaventate dai cambiamenti e dalle sfide, i vecchi abbarbicati nelle campagne, la scelta. Ovviamente avendo adeguatamente e correttamente provveduto ad informarli senza falsificazioni o bollettini che vengono divulgati direttamente dai megafoni interni nel nostro paese, portavoci delle tesi di chi vuole il paese come Minsk…
Di tutto questo Francesco Sisci, sinologo, giornalista e analista politico, discute con Giuseppe Rippa, direttore di Quaderni Radicali e Agenzia Radicale, nonché obiettore di coscienza e nonviolento, nell’audiovideo per Agenzia Radicale Video.
Sinistra e destra per subalternità pacifista non per diritto e nonviolenza. Conversazione Sisci / Rippa (Agenzia Radicale Video)
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