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16/11/24 ore

Francia, primo turno presidenziali: Macron vs Le Pen svolta epocale



di Jean-Pierre Darnis

(da Affari Internazionali.it)

 

Il risultato del primo turno delle elezioni presidenziali francesi rappresenta una svolta epocale. Da una parte il centrista Emmanuel Macron passa al secondo turno, ed era dai tempi di Giscard d’Estaing che questa tendenza politica non riusciva ad affermarsi. D’altra parte, il Front National di Marine Le Pen si presenta come un solido sfidante, con una progressione netta del numero di votanti rispetto alle precedenti elezioni.

 

Né il partito socialista, né “Les Républicains”, formazione erede della famiglia gollista, riescono ad arrivare al ballottaggio. Con l’eliminazione di tutte e due le famiglie politiche che hanno fatto la storia della Quinta Repubblica francese, si apre un nuovo capitolo ricco di opportunità ma anche di incognite.

 

Macron, qualità e congiunzioni favorevoli

La vittoria di Macron al primo turno è frutto dell’incrocio fra le qualità della candidatura e una serie di congiunzioni favorevoli. Bisogna ricordare come sia le primarie della destra che quelle della sinistra abbiano de facto aperto uno spazio al centro, terreno che Macron ha saputo ben sfruttare.



François Fillon era l’espressione dell’ala destra del partito e la sua affermazione su Alain Juppé aveva lasciato un certo malcontento nella destra moderata, un disagio che poi è cresciuto man mano che le disavventure giudiziarie di Fillon hanno suscitato dubbi sulla sua integrità. La candidatura di Fillon, all’inizio molto forte, è quindi risultata azzoppata.



Ma anche a sinistra il gioco si è fatto ingarbugliato. Prima di tutto la rinuncia di François Hollande a ri-candidarsi ha rappresentato un fatto inedito nella Quinta Repubblica dove i presidenti uscenti si sono sempre riproposti alle urne. Il record di impopolarità di Hollande è uno dei fattori che spiega l’abbandono del campo. Tutti si aspettavano, però, che fosse Manuel Valls a vincere le primarie socialiste ed a correre alle presidenziali. Non è andata cosi.



Benoit Hamon, l’opzione più a sinistra, ha vinto e ha poi visto velocemente il suo spazio politico cannibalizzato a destra da Macron e a sinistra da Jean-Luc Mélenchon, portando i socialisti al loro peggiore risultato alle presidenziali. Se aggiungiamo a questo allineamento favorevole dei pianeti politici una serie di sostegni venuti dal centro destra (Baryrou, Arthuis e altri) e dal centro-sinistra (Collomb, Vals, Le Drian e altri) possiamo intravvedere la dinamica della candidatura Macron.



Il fattore terrorismo e la reazione

Anche l’attentato integralista sui Campi Elisi dell’ultima settimana di campagna elettorale sembra avere rinforzato la partecipazione allo scrutinio, con un elettorato desideroso di sostenere le istituzioni minacciate dal terrorismo.



Ma al di là del contesto, bisogna insistere su alcuni punti importanti della candidatura di Macron. Prima di tutto Emmanuel Macron non ha commesso grossi errori durante la campagna e non è stato oggetto di nessun tipo di scandalo, a differenza di Fillon o della Le Pen. Per settimane, la campagna è ruotata intorno alla questione della moralità e Macron ne è uscito indenne. È riuscito quindi ad evitare di finire nella categoria dei “tutti corrotti”, argomento forte di chi intendeva non votare oppure “rovesciare il tavolo” con scelte estremiste.

 

Macron è stato anche abile nel presentarsi come un candidato di “relativa rottura”, avendo dato le dimissioni del governo esprimendo la sua insofferenza per le mancate riforme. Rappresenta quindi una forma di continuità, ma anche di differenziazione, rispetto alla presidenza Hollande.

 

Le Pen, l’incognita secondo turno

 

Per quanto riguarda Marine Le Pen possiamo constatare un ulteriore progresso del suo partito che solidifica le posizioni dopo il buon risultato al primo turno delle regionali 2015. Ma per il Front National rimane una incognita : la capacità di accrescere il numero di votanti al secondo turno per vincere le elezioni.

Anche se possiamo pensare che la parte più conservatrice dell’elettorato di Fillon sia ormai permeabile all’FN, e anche che alcune componenti del voto Mélenchon possano saltare dalla sinistra radicale all’estrema destra, il serbatoio di voti per il secondo turno è piuttosto limitato.

 

Per quanto riguarda Macron, il sostengo di Benoit Hamon ma anche quello di François Fillon sembrano costituire le condizioni di un potenziale vantaggio sulla Le Pen. Ma se l’astensionismo si alzasse di nuovo, allora bisognerebbe prestare attenzione alla resilienza di un Front National capace di mobilitare con grande costanza il suo elettorato. 



Un nuovo ciclo riformatore?

Per la Le Pen, l’obiettivo della campagna era di battere Fillon senza porsi troppo il problema del governo successivo. Invece per Macron la formazione di un governo e la strategia da adottare in vista delle politiche di giugno per cercare di ottenervi la maggioranza dell’Assemblea nazionale rappresentano un traguardo strategico.



Anche perché Macron si trova di fronte a un dilemma. Da un lato vuole fare emergere il suo nuovo partito, “En Marche”, presentando candidati spesso nuovi in ogni circoscrizione. D’altro lato, deve essere conciliante con “LesRépublicains” e il Ps che hanno invitato a votare per lui. Anche in vista di future grandi coalizioni, non può duellare troppo con i due partiti, perché, se li distrugge, perde alleati necessari. 



L’operazione politica in corso è dunque molto ambiziosa e rischiosa. Potenzialmente, può aprire un nuovo ciclo riformatore, con una Francia poi capace di spronare i partner europei in tal senso. Vedremo a breve se partendo da Parigi, l’Unione si rimetterà “en marche”. 



Jean Pierre Darnis è Direttore Programma Sicurezza e Difesa IAI.

 

(da Affari Internazionali.it / 24-04-2017)

 

 


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