Esistono tre tipi di persone: quelli che adorano Santino Spinelli, quelli che non hanno avuto ancora il piacere di conoscerlo e coloro i quali lo trovano scomodo per le cose che dice. Se i Radicali appartengono, fortunatamente, alla prima tipologia, la terza è, per quanto irritante sia ammetterlo, dopotutto comprensibile: perché quando il musicista, poeta e professore rom parla e toglie il velo del pregiudizio dietro cui il suo popolo è volutamente celato cade con un boato assordante.
La presenza di Santino al Congresso dei Radicali Italiani è molto più di un semplice cameo. Quest’anno, i Radicali hanno incontrato Santino in tre occasioni molto importanti: il Meeting Arte, Musica e Intercultura di FedeArteRom, organizzato anche quest’anno a Segni, nei dintorni della Capitale; la consegna del Premio Phralipé; e questa gradita partecipazione all’Hotel Ergife. In tutti e tre i casi, si è trattato di un tributo al lavoro instancabile di Rita Bernardini in testa per i diritti umani di questa minoranza che, come lei stessa non si stanca mai di ricordare, non è riconosciuta, ma esiste, e soffre per via di restrizioni etniche inammissibili in un paese civile.
Così Santino ha invitato Rita al M.A.M.I., dove lei ha tenuto un intervento vibrante, ricordando il caso di Angelica Varga con cui si è strumentalizzata la presenza dei rom in un’area che faceva comodo alla mafia dell’edilizia accusando una quindicenne di aver rapito un bambino, nel tentativo di confermare un pregiudizio tanto antico quanto privo del benché minimo caso a riscontro. Le ha conferito il Premio Phralipé (“Fratellanza”, in lingua Romani), come tributo alla lotta infaticabile, ma anche all’affetto che lei ha saputo dimostrare al popolo rom schierandosi sempre dalla parte della verità anche davanti alle menzogne mediatiche orchestrate con maggior sapienza.
Di fronte all’invito di Rita Bernardini e di Mario Staderini, il celebre artista è stato entusiasta di raggiungere Roma con i suoi figli e deliziare l’uditorio con le splendide melodie rom che sono confluite in tutta la grande musica europea, dal flamenco al jazz manouche, senza dimenticare le frequenti incursioni negli spartiti dei più celebri compositori classici (Haydn, Brahms, Liszt, Stravinsky, Ravel, Bartòk, Kodàly).
“Bisogna continuare la lotta per i diritti di Rom e Sinti, un popolo che l’Europa ha deciso di discriminare. Milioni di persone vertono in condizioni disumane. I campi nomadi? Un retaggio della cultura concentrazionaria nazifascista, un crimine contro l’umanità, spesso gestiti da associazioni che pensano solo al proprio tornaconto personale …” - ha dichiarato Santino senza mezzi termini, per poi sottolineare una vecchia ipocrisia: l’arte di giustificare con una inesistente vocazione al nomadismo la logicità di far vivere i rom nei campi nomadi anziché nelle case. Una falsità che difficilmente un antropologo potrebbe supportare se applicata agli schemi di vita rom, stanziali ormai da decenni nel nostro paese, ma anche, più in generale, laddove si volesse appioppare a qualunque etnia una sorta di vagabondaggio per tradizione, quando il nomadismo nasce sempre per una necessità: nel caso delle genti tzigane, i mestieri, quelli sì tradizionali, ma pressoché scomparsi oggi dal panorama occupazionale.
Per di più, una contraddizione in termini: se sono nomadi, perché mai dovrebbero essere confinati in aree di reclusione? “ … Sono nomadi, quindi segreghiamoli” - ha sintetizzato Santino – “annientiamoli come popolo”. Più del 70% sono cittadini italiani di antico insediamento, ma i rom vengono visti come una categoria particolare di persone, dimenticando l’apporto fondamentale che hanno dato alla cultura europea, diventando portatori sani di una cultura millenaria. Un popolo che non ha mai reagito alla segregazione con la violenza o con il terrorismo, che non ha mai avuto un esercito, che non ha mai dichiarato guerra a nessuno.
Santino Spinelli non ha mancato di ricordare, a questo proposito, il premio Nobel per la pace assegnato all’Unione Europea. Si era parlato di assegnare quel premio ai rom, non all’Europa che li segrega e che esporta la guerra a casa degli altri: sarei davvero un bizzarro pacifista, se tenessi parte della mia famiglia rinchiusa in una cantina e picchiassi tutti gli inquilini del mio palazzo, ma non tollerassi che voli uno schiaffo nel mio appartamento. Purtroppo queste contraddizioni sono sfuggite alla giuria: e così, benché un nutrito movimento volesse che a ricevere il premio Nobel per la pace fosse quel popolo che non ha mai dichiarato guerra a nessuno, è stato consegnato invece a una federazione di Stati, che hanno attuato svariate forme di persecuzione ai danni di quella stessa minoranza a cui l’onorificenza è stata negata.
È sufficiente recarsi nel “villaggio della solidarietà” di via dei Gordiani, a Roma, per vedere persone private delle condizioni igieniche basilari, costrette a vivere in container malmessi, abitazioni in cui piove sui fili scoperti dell’elettricità.
Il rischio incendi è alto, l’ultimo solo l’anno scorso; altrettanto alta è la mortalità. Ci hanno riferito, nel corso della nostra ultima visita, di una donna lasciata a morire sul prato senza alcuna assistenza, nell’assenza della vigilanza privata, pagata dalla Giunta che ha speso più di 30 milioni di Euro per costruire questi cortili della vergogna, in cui i bambini giocano tra le fogne a cielo aperto.
La bella musica di Santino, il tocco soave del violoncello che scorre sul ritmico pulsare delle percussioni, le evoluzioni passionali della fisarmonica raddolcite dalle gocce di note rarefatte dell’arpa: non è solo splendida arte, ma l’ennesimo esempio di resistenza passiva di un popolo che, per fortuna, trova cittadinanza almeno nel Partito Nonviolento, che non l’ha mai abbandonato e continua a vigilare e a lottare affinché non muoia l’indomito orgoglio di un nucleo di sentimenti, cultura e tradizione che dovremmo essere orgogliosi di avere in casa.
Camillo Maffia
(foto di Gianni Carbotti)
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