di Adriana Dragoni
Al Belvedere del Parco della Reggia di Capodimonte, a Napoli, c'è stata, venerdì scorso, la conferenza-stampa sull'accordo stipulato da Sylvain Bellenger, direttore del museo e del parco di Capodimonte, due realtà ora di nuovo insieme, con la Costa Crociere. Vi sono stata invitata anch'io. Vado.“Signora, io vi lascio a Porta Grande, da dove è più breve raggiungere la Reggia; per Porta Piccola con il taxi non possiamo entrare: ordine del Direttore - mi dice il tassista… “Questo Direttore si fa rispettare, eh?” – ribadisco.
Oltre il cancello, non so dove andare, domando lumi a un elegante signore, che, anche lui, va alla conferenza-stampa. Mi dice che è ben contento di aver dedicato, con la sua organizzazione, nella Stazione Marittima, una parete, sei metri per tre, alla pubblicità di Capodimonte. Andiamo tra alberi e prati, mi guida per i giri in tondo dei viali. “Sarebbe bello camminare sull'erba, ma è proibito, vero?”gli domando “No, se non ci vado è per via delle scarpe nuove”.
Là, dove c'è una radura, ci sarà il convegno. Incontro Linda Martino. La ho conosciuta l'anno scorso, era l'unica direttrice del museo di Capodimonte, lo è stata fino all'arrivo del direttore-manager Sylvain Bellenger. Si è messa da parte, senza problemi. “Ora, però, lavoro tre volte tanto” mi dice ma mi sembra contenta. È una persona deliziosa. Ed ecco che si dirige, svelta, verso un gruppo di mamme e bambini che stanno per venire dalla nostra parte. E, con garbo, “abbiate pazienza, qui c'è un convegno”, li allontana. Anche gli altri funzionari presenti sono attenti a che tutto sia in ordine e ad accogliere gentilmente la stampa.
Sembrano galvanizzati da un grande entusiasmo. C'è un'atmosfera particolare, come nell'attesa di una palingenesi. Merito di Bellenger? “Bellenger ha un grande progetto e noi cerchiamo di aiutarlo” - mi dicono. Se potessi, lo farei anch'io. Lui vuole promuovere, con il suo museo, Napoli e addirittura sembra in grado di farlo: è talmente straordinario che a volte di fronte a lui m'impappino, temo di essere invadente, è un difetto di noi napoletani, e non so se devo parlargli con il lei, il tu o il voi, che è un pronome francese-napoletano e potrebbe andar bene. Nel frattempo, su un grande telo, scorre un filmato, molto ben fatto, firmato “Costa”, in cui appare il Direttore, che presenta la reggia-museo di Capodimonte e il suo magnifico parco.
“Il Museo - dice poi dal vivo - contiene una delle più preziose e complete collezioni d’arte del nostro Paese, che vanno dal Duecento all’arte contemporanea, mentre il Bosco, patrimonio Unesco per la sua incredibile varietà di specie botaniche, è l'ultimo parco barocco esistente in Europa ed è riconosciuto come uno dei parchi più belli e grandi d’Italia. Sono grato a Costa, che ha capito e sostenuto il nostro intento, che è quello d'incrementare il numero di visitatori internazionali in questo posto meraviglioso di straordinario valore artistico e paesaggistico, che certo non è famoso quanto merita”.
E in questo posto meraviglioso, in questo momento, ci siamo anche noi, la “stampa”, e sappiamo bene come è dolce, rilassante ed energizzante trovarsi qui. L'unico neo è il frastuono degli aerei che passano di continuo. Le loro vibrazioni non solo sono fastidiose per quelli che lavorano nel museo ma sono anche deleterie per le pitture e gli oggetti fragili che vi sono. Secondo il piano urbanistico del 1972, l'aeroporto di Capodichino, da dove questi aerei provengono, si sarebbe dovuto trasformare in parco. Mentre gli aerei si sarebbero dovuti trasferire all'aeroporto di Grazzanise, che adesso è un aeroporto militare…
Il convegno non è noioso come spesso accade. Anche perché gli interventi sono brevi e concettosi.
“Con questa nuova iniziativa, Costa Crociere vuole dare il suo sostegno all’ambizioso obiettivo, del Ministero dei Beni Culturali e del direttore Sylvain Bellenger, di riscoperta dell’eccezionale sito di Capodimonte” – commenta Carlo Schiavon, direttore commerciale e marketing Italia di Costa Crociere – Vi sono due escursioni per i croceristi. L'una, ‘I tesori di Napoli: Capodimonte e il Tesoro di San Gennaro’, li porterà a visitare lo straordinario patrimonio storico-artistico del museo e poi il ben noto Tesoro di San Gennaro.
L'altra, Pedalando nel Real Bosco di Capodimonte, vedrà il coinvolgimento di guide specializzate, che condurranno gli ospiti in bicicletta lungo un percorso di circa nove chilometri all’interno del Real Bosco. Le due escursioni cercheranno di coinvolgere le decine di migliaia di turisti, di tante diverse nazionalità, in arrivo a Napoli, dove cinque navi Costa faranno scalo. Verranno promosse a bordo attraverso il video che spiega l’eccezionale valore del sito di Capodimonte, e attraverso tutti i principali canali di comunicazione della compagnia, comprese le agenzie di viaggio partner di Costa”.
Parlano poi Corrado Matera, assessore Sviluppo e Promozione del Turismo della Regione Campania e Antimo Cesaro, sottosegretario del Ministero dei Beni e Attività Culturali e del Turismo. Che, al microfono, si complimenta con la creatività dei napoletani. “Ma forse non ha tenuto presente che Bellenger non è napoletano?” - suggerisce qualcuno. “Ma lui è già diventato napoletano e anzi dovremo farlo napoletanizzare sempre più…” - risponde.
Ora andiamo a fare un giro per il parco. Siamo come dei crocieristi in prova. Non usiamo biciclette ma siamo scarrozzati da molto comodi pullmanini. Càpito nella stessa auto dell'avvocato Errico Di Lorenzo, che è il presidente degli Amici di Capodimonte, l'associazione onlus che sostiene i cinque musei del vecchio Polo museale. Sono – ci spiega - Capodimonte, San Martino, San'Elmo, Villa Pignatelli e la Floridiana. Nel nuovo Polo, voluto dalla Riforma Franceschini, di musei ce ne sono ventotto. L'avvocato Di Lorenzo, anche lui, è entusiasta dell'intraprendenza di Bellenger. Conosce abbastanza bene il parco e ce lo illustra.
I viali, che all'epoca sono stati tracciati nientemeno che dal grande architetto napoletano Ferdinando Sanfelice, sono lunghi 39 chilometri. “Noi ne percorreremo nove” - ci dice. Lungo il cammino, ci mostra anche degli edifici. E vediamo che, incredibile ma è proprio vero, sette di questi, ne sono sedici, sono stati, in solo sei mesi, già ristrutturati, Vediamo un edificio basso e lungo “Quello potrebbe essere un ristorante” - osserva una signora. “Infatti lo sarà e accanto vi sarà anche una caffetteria” - ci informa l'avvocato, che poi ci mostra una chiesetta dedicata a san Gennaro. “Qui nel parco c'era anche un convento” - ci dice.
Le auto si fermano e noi andiamo un po' a piedi. Un giovane studioso di botanica ci fa da guida. Fa parte della società Euforbia, alla quale, suppongo, è affidata la cura del parco. Il nome di questa società, ci spiega il giovane studioso, indica un gruppo di piante, di cui fa parte anche la cosiddetta Stella di Natale. “Il parco è di grande interesse botanico e ora attira l'attenzione anche dell'Università di Agraria” - ci informa. All'epoca, i Borbone vi fecero mettere piante di specie rare e altre che provenivano dall'Asia, dall'Africa, finanche dall'Australia, che ora testimoniano le vaste relazioni pacifiche che la Napoli di allora aveva con il mondo.
Il giovane studioso ci mostra anche una fontana, che deriva la sua acqua da una grandissima cisterna. Intorno ci sono dei magnifici alberi e l'albero della canfora e il mirto profumato da cui in Sardegna ricavano un buon liquore. Il giovane strappa per noi delle foglioline da queste piante. Lo fa con grande delicatezza, come se temesse di far loro del male. La passeggiata ora prosegue all’interno del Giardino dei Principi e del Giardino Torre. Entriamo in una costruzione che sa di antico, con grandi camini e il pavimento di piccole mattonelle di cotto.
Al ritorno al Belvedere, c'è la tavola imbandita con tanto buon cibo. Dieta mediterranea. C'è pesce, oggi è venerdì, e anche dei piccoli canapé e deliziosi dolcetti mignon: abbiamo fatto peccati di gola. Non tutti, peccato grave!, entrano nel museo. Io non posso farne a meno, troppo bello è per me rivedere i tanti preziosi oggetti d'arte e di artigianato che vi sono custoditi e risentire l'atmosfera della Reggia nelle sale e negli appartamenti dei Re. Fu Carlo a volere la Reggia, che poi fu dei suoi discendenti, ma dove abitarono anche i re napoleonidi e i Savoia. Vi sono conservate porcellane, sete, arazzi, armi. E vi sono le opere d'arte della collezione Farnese, ereditata da re Carlo, e della ricca collezione borbonica, a cui si sono aggiunte quelle provenienti dalle chiese napoletane, da lasciti statali e privati.
Sono magnifici capolavori di artisti medievali e moderni: Simone Martini, Masaccio, Colantonio, Francesco Curia, Raffaello, Michelangelo, Tiziano, Caravaggio, Ribera, Massimo Stanzione, Bernardo Cavallino, Luca Giordano...
Certo non si può negare che, come ha asserito più volte Bellenger, la grande arte ha bisogno di mecenati. A Napoli, la grande arte è esistita perché la città è stata per sei secoli capitale, e modello per il Sud e non solo. Ed esiste in Italia perché i signori dei tanti piccoli centri in cui era divisa ne sono stati, a loro gloria, sponsor.
Mi fermo ad ammirare il boudoir della regina Amalia, tutto di porcellana di Capodimonte, tranne per il soffitto, dove lo stucco la imita. E' una raffinatissima, stupefacente cineseria. Ma ecco che sento il frastuono dei soliti aerei. E se, un giorno, venissero a portare a Capodimonte tanti turisti cinesi? Quelli dovrebbero arrivare appunto in aereo. Napoli potrebbe attrarli con le sue cineserie sette-ottocentesche e con la sua antica storia di privilegiati rapporti con la Cina.
Fu Matteo Ripa, un sacerdote, che, nel Settecento, stette nel Katai a insegnare pittura e cristianesimo ai cinesi e poi, nel 1724, ne portò a Napoli qualcuno. Abitarono al rione Sanità, dove ancora esiste una strada detta Calata dei Cinesi. Così Ripa fondò un collegio, che poi diventerà il primo Istituto cinese in Europa e oggi è l'Università degli Studi l'Orientale. Ora che la Cina è una potenza economica, - diceva tempo fa Bellenger - anche la sua arte è in auge. Forse qualche artista cinese potrebbe desiderare di esporre a Capodimonte la sua opera, per valorizzarla. E sarebbe contento che in Cina lo si sapesse. Come già da tempo si dice, oggi la Cina è vicina…
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