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22/11/24 ore

Bilancio delle attività negli Spazi espositivi romani


  • Giovanni Lauricella

Adesso che gallerie e musei si trovano in pausa estiva (non sia mai che fossero più aperti invece, proprio a beneficio di chi è ferie) è forse il momento giusto per fare alcune valutazioni generali sulle attività della stagione passata, analizzandole con meno coinvolgimento emotivo, il che spesso riesce difficile quando si fanno le recensioni per singole mostre.

 

Indubbio è il fatto che si sta in una grave crisi economica che non vede sbocco, con una disoccupazione in crescita, caratterizzata da quella giovanile che è al di sotto delle peggiori al mondo e da un Sud Italia fuori dallo sviluppo, al punto che pare che non potrà più riprendersi, mentre una classe politica sempre più allo sbando tenta di riavere credibilità con annunci sulla ripresa economica, dandoci così speranze forse infondate.

 

Provare a analizzare la ricaduta dei problemi sociali sulla cultura è comunque doveroso, specie se si pensa che molti che operano nel campo dell’arte vivono di secondo lavoro - spesso precario - e che il mercato dell’arte si regge sul denaro, la cui mancanza ne pregiudica l’esistenza.

 

 

Se tante cose vanno male, la cultura, nel suo complesso, non ne può uscirne bene. Solo a Roma in questi ultimi anni, dopo il boom durato sino a quattro cinque anni fa, si sono chiuse parecchie gallerie importanti che sono scomparse senza che il mondo della cultura a cui appartengono abbia fatto un gemito. Si è fatto tanto baccano per dei chioschi e per dei negozi caratteristici che volevano chiudere e non è successo nulla per le gallerie. E pensare che si tratta dell’Italia e della sua reputazione in campo artistico, tanto che ogni politicante farcisce i propri discorsi sul rilancio nazionale col mantra del patrimonio artistico evidenziandone la ricchezza e l’attrazione che ha nel mondo.

 

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Un atteggiamento culturale ignorante quanto vergognoso che rimarca quanto già detto in articoli precedenti. L’arte è purtroppo un ambiente corrotto, situazione che viene sempre più confermata da recenti avvenimenti. È di questi giorni sui giornali la notizia della nuova sistemazione del Colosseo per fare spettacoli e altre novità simili condite con discorsi sull’importanza dei nostri monumenti. Gallerie che hanno dato molto o hanno dato poco al recente corso artistico della città che purtroppo hanno chiuso: la Giulia, la Maniero, Il Polittico, Limen, Grazia del Prete, Furini, Ecos Gallery, Bloomberg. Altre che pare siano in pausa come Il Ponte, Mondo Bizzarro e tante altre che hanno ridotto o diversificato la loro attività, tipo Giacomo Guidi ecc. ecc.

 

Da un periodo disastroso come questo pare che non potesse uscire che una stagione di mostre altrettanto disastrosa, cosa che invece fortunatamente non è stata, nonostante qualche flop evidente. Questo a riprova dell’enorme vitalità di un settore produttivo, che però pare ci vogliamo giocare, come tanti altri asset economici che ultimamente abbiamo perso.

 

In fondo se abbiamo dato via le più famose griffe della moda e molte tra le migliori fabbriche, a questo punto, non vedo perché l’arte non potrebbe essere un settore in mano straniere, cioè ad azionisti arabi o cinesi. Non allarmatevi perché se ne compiaceranno prima di tutti i dipendenti degli organismi culturali, che vedranno i loro stipendi messi al sicuro in un momento di magra, cosa non da poco, compresi gli artisti che potrebbero vedere aprirsi mercati prima impensabili, una proposta da valutare viste le incapacità e la crisi che attraversa il settore.

 

Quindi esultiamo, Roma ha avuto sì una flessione nella programmazione artistica ma bisogna dire che poteva essere peggio.

 

Se si pensa che siamo usciti da una bolla speculativa dell’arte, le gallerie chiuse sono poche, anche se dispiace dirlo. Il problema sostanziale è che adesso non si vende e le quotazioni consuete di 20 e 30  mila euro su cui si erano attestati una buona maggioranza degli artisti e galleristi in voga sono adesso impensabili. Per correre ai ripari si è scesi di tanto ma ne ha risentito pesantemente il mercato dell’arte che si trova completamente scombussolato e sempre meno credibile, cosa gravissima perché ostacola chi ha adesso i soldi da investire e vorrebbe comprare.

 

Tra l’altro manca la “valutazione” dei musei, che non avendo più fondi non comprano più e quello che hanno comprato fino a qualche anno fa è stato pagato a prezzi ormai improponibili, come improponibili sono molti artisti che hanno comprato, ma evito di fare anche questo discorso.  Un fenomeno del quale non si parla, a riprova del fatto che la cultura è sotto l’influsso di una piovra malavitosa della quale difficilmente ci libereremo.

 

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In questo contesto drammatico numerose sono state in ogni caso le iniziative e le mostre degne di riguardo da parte di piccole gallerie, che invece di scomparire hanno dato il meglio che potevano dare: tra queste segnaliamo The Gallery Apart, che nella nuova e più grande sede ha mandato avanti un programma abbastanza intenso, mentre per quanto riguarda i musei registriamo quello che era previsto. Il MAXXI e il MACRO che dovevano musealizzare il contemporaneo hanno lasciato il tempo che trova in una scommessa persa sin dall’inizio.

 

Hanno fatto centinaia di eventi con qualche bella mostra, ma purtroppo sono musei destinati a restare vuoti perché legati troppo agli eventi: perché si deve andare al MAXXI o al MACRO, anche se hanno qualche opera interessante nonostante che la gestazione di inizio apertura sia finita da un bel pezzo. Se vuoi vedere l’informale, l’arte povera, vai alla GNAM e trovi le opere più indicative e tutto il contesto che ha fatto sorgere queste correnti, insomma hai il necessario  che offre un museo nazionale, ma  non i musei di cui sopra perché hanno delle collezioni insufficienti.

 

Se poi si pensa che la GNAM naviga in brutte acque perché si trova con un’affluenza in calo capite bene l’entità del problema. Tra l’altro la GNAM dovrebbe attivare quanto prima dei padiglioni lasciati chiusi perché inagibili, (vedi articolo su Agenzia Radicale) su Galleria Nazionale d’Arte Moderna, tre imprenditori arrestati, considerando che tale ampliamento darebbe alla gestione ancora più grane di quante ne ha adesso. Se Roma con questi due nuovi musei di grandi proporzioni non sa che farci si capisce, senza ulteriori spiegazioni, le difficoltà e l’insensatezza della cosa.

 

Ma non solo la GNAM è in crisi, ma anche il Palazzo delle Esposizioni, cioè la quarta grande struttura per l’arte contemporanea. Considerando che stiamo alla vigilia dell’apertura degli ex Mercati Generali e dell’Arsenale Vaticano di Porta Portese con nuovi spazi-mostre, immaginatevi il casino che ci aspetta.

 

A coronare la recente bolla speculativa sull’arte Il MAAM, o per meglio dire l’ex fabbrica di salumi Fiorucci occupata, che ha visto con la cura di Giorgio de Finis un abbellimento artistico delle pareti dei locali in disuso con murales fatti da numerosi artisti.

 

Tanto lavoro per nulla perché erano spazi fatiscenti ed ora lo sono lo stesso anche se ci sono le tracce di importanti artisti.

 

Operazione culturale che ci lascia a metà tra l’apprezzamento e lo sdegno, come tutte quelle sull’Ostiense ai Magazzini Militari e in altri edifici occupati. Adesso questo complesso degradato e pericolante ha un impianto stabile e gli hanno dato il pretenzioso nome di Museo dell’Arte e dell’Altrove Metropoliz. Tutto ciò mi sembra ridicolo e irritante a fronte delle enormi possibilità che offre Roma, quasi una voglia di farsi del male che penalizza pesantemente la dirigenza dei Beni Culturali della Capitale.

 

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Una concezione passatista che non ha senso; risulta paradossale con le amministrazioni di una certa sinistra ghettizzare artisti di sinistra in un posto inagibile e pericoloso per la salute, per giunta abitato da famiglie con bambini fra topi e scarafaggi. Una pseudo-posizione di protesta in stile anni ’70 che adesso non ha più senso. Una spettacolarità dell’orrido, disumana e scellerata, che ha visto l’adesione di numerosi artisti, manipolati da una speranza di consenso artistico, basata su un estremismo che poco ha a che vedere con la democrazia.

 

Se partecipano è perché ci sarà un ritorno a vantaggio di chi è più culturalmente aggressivo, un sistema che usa spregevolmente a fini di potere personale la difficoltà di alloggio che ci sta a Roma, mascherando il tutto da pretese culturali. Veramente un trionfo del trash!

 

Il mondo espositivo romano non si esaurisce qui: dovremmo parlare della Crociera del Collegio Romano gestita dal MIBACT, incappata in problemi e del resto finora non valorizzata appieno, come di gallerie attive, tipo “Preferiti” di Carla Mazzoni e il grande spazio espositivo “Plus Arte Puls”.

 

Non si intendeva in questa sede fare uno screening esaustivo sugli spazi espositivi romani, anche se non mancheremo di completarlo prossimamente. Sperando di poter registrare finalmente che, come ha detto a Pompei il ministro Franceschini, anche a Roma “il vento è cambiato”! 

 

 


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