"Le pratiche di suicidio assistito non costituiscono una violazione del diritto alla vita quando siano connesse a situazioni oggettivamente valutabili di malattia terminale o gravida di sofferenze o ritenuta intollerabile o indegna dal malato stesso". Lo si legge – riporta l’Ansa - nella richiesta di archiviazione per Marco Cappato sul caso dj Fabo.
Per i pm la giurisprudenza "ha inteso affiancare al diritto alla vita tout court il diritto alla dignità della vita inteso come sinonimo dell'umana dignità".
Cappato si era autodenunciato ai carabinieri della compagnia Duomo di Milano per avere accompagnato dj Fabo, 39 anni, cieco e tetraplegico da 3 anni, in una clinica svizzera per le pratica del suicidio assistito. Dopo l'autodenuncia è partita l'inchiesta della Procura di Milano culminata con la richiesta di archiviazione.
“Se le indagini – afferma in una nota Filomena Gallo dell’Associazione Luca Coscioni - portassero a una archiviazione con le motivazioni che abbiamo potuto leggere dalle notizie stampa, allora potremmo dire che l'azione di disobbedienza civile di Cappato rappresenta un precedente fondamentale. La Procura entra infatti nel merito del concetto di vita dignitosa e di principi costituzionali e internazionali che sono anche fonte principale. Ciò significa che Cappato, con la sua azione, ha aperto le porte non tanto e non solo alla possibilità di aiutare le persone affette da malattie irreversibili a interrompere le proprie sofferenze insopportabili in Svizzera, ma a farlo in Italia. È questo - conclude Gallo - l'obiettivo per il quale ci battiamo da sempre".
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