Il Tribunale di Cagliari, in una sentenza che si può definire "storica", ha appena ordinato al laboratorio di citogenetica dell’ospedale Microcitemico di Cagliari di eseguire l’indagine diagnostica preimpianto o, all'occasione, di utilizzare allo scopo strutture esterne, a seguito della denuncia di una coppia ricorsa in giudizio nel 2011.
Lo ha reso noto l'Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica in una conferenza stampa indetta oggi alla Camera dei Deputati con un comunicato sibillino e misterioso, intitolato soltanto "Importanti novità sulla legge sulla fecondazione assistita", forse per solleticare l'inerzia dei media in tema di Radicali e di diritti civili.
La storia è la seguente. Lei affetta da talassemia, lui portatore sano della stessa patologia, proprio in base alla legge 40 possono accedere alla fecondazione assistita perché infertili e quindi anche eseguire diagnosi preimpianto per verificare prima dell’impianto in utero se l’embrione è affetto dalla stessa patologia dei genitori. Tuttavia il laboratorio di citogenetica della struttura pubblica che avrebbe dovuto analizzare il campione si rifiutò di analizzare le cellule.
La coppia avrebbe potuto rivolgersi ad una struttura privata i cui costi però vanno dai 6000 ai 10000 euro a ciclo, cifra incompatibile con il loro reddito. Pertanto la coppia, assistita dagli avvocati Filomena Gallo (anche Segretario dell'Associazione Luca Coscioni) e Angelo Calandrini, domiciliati presso l'avvocato Renato Chiesa, si rivolge al Tribunale di Cagliari per chiedere l’esecuzione dell’indagine richiesta alla struttura pubblica e prevista dalla legge 40 articolo 14 comma 5.: "risultava - come si legge nel comunicato stampa dell'Associazione Luca Coscioni - del tutto illegittimo oltre che gravemente lesivo dei diritti costituzionalmente garantiti il rifiuto della struttura pubblica". Nel procedimento sono intervenute anche le associazioni Cerco un bimbo, L'altra cicogna (oltre alla Associazione Luca Coscioni) con atto unico.
L’azienda ospedaliera è stata dunque condannata per violazione della legge 40/2004 che, pur avendo in sé queste norme, viene volutamente male interpretata dalle strutture ospedaliere pubbliche.
In Italia, attualmente esistono 357 centri di fecondazione medicalmente assistita attivi. Di questi i centri, quelli che applicano tecniche in vitro identificati per secondo e terzo livello sono 202 e, nello specifico, di questi 76 svolgono servizio pubblico e 22 servizio privato convenzionato; i rimanenti 104 offrono servizio privato.
In base alla decisione ottenuta da questa sentenza importante del Tribunale di Cagliari, tutti i centri pubblici, di cui nessuno effettua diagnosi preimpianto ad oggi, saranno obbligati ad osservare scrupolosamente la legge 40, perché effettuare tecniche di fecondazione in vitro significa anche avere l’obbligo, se la coppia lo richiede, di fornire informazione sullo stato di salute dell’embrione. E questo deve valere per tutti i cittadini, compresi coloro che sono affetti da malattie genetiche ed ereditarie, come nel caso della coppia che è ricorsa ai giudici di Cagliari. Tutti hanno diritto di poter accedere ai trattamenti sanitari.
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