Il modesto 32% cui si è fermato il quorum dei partecipanti – nonostante sul “sì” si fossero schierati Salvini, Di Maio, Brunetta… e un gruppo di vescovi – merita diverse considerazioni, anche sull’uso di questo strumento di democrazia diretta.
La consultazione referendaria sulle trivelle di domenica scorsa segnala prima di tutto un fatto di grande rilievo e cioè che l’istituto riesce a caricarsi di un ruolo di mobilitazione soltanto se concerne interessi altamente sentiti dalla popolazione. Il primo referendum che si tenne in Italia fu quello sul divorzio nel 1974: votò l’87,7% degli aventi diritto e il “no” vinse con quasi il 60% dei suffragi: e fun un, trionfo con conseguenze politiche generali di grande rilevanza. Credo che questo paragone si debba tener presente se si vuole veramente spiegare quel 32% dell’altro giorno, sul quale penso che l’influsso dell’appello alla gita al mare del Presidente del consiglio possa essere stato assai prossimo allo zero.
Nelle recenti elezioni politiche hanno partecipato al voto circa metà delgi aventi diritto; e allora quale attrattiva poteva avere un referendum inutile e pretestuoso, come è stato ritenuto, che aveva perduto il suo oggetto e si era trasformato in un voto pro o contro Renzi, con lo scontro dirottato sul quorum e sulla partecipazione al voto – senza che poi nessuno abbia ricordato che il voto è un diritto fondamentale della democrazia (anche se la costituzione non lo dice espressamente e stabilisce che il suo esercizio è un dovere, sì, ma “civico” e senza conseguenze). Ma allora il voto cosa è? Un interesse legittimo, o semplicemente protetto?
Le estrazioni di combustibili fossi in Italia, poi, rappresentano meno del 10% del fabbisogno e si tratta quasi tutto di gas, che non è inquinante. La cessazione delle estrazioni, laddove fosse stato possibile immediatamente o quasi per scadenza delle concessioni (per la verità in pochi casi), avrebbe comportato l’aumento delle importazioni e quindi un aggravio della bilancia dei pagamenti, mentre anche il trasporto via mare causa inquinamento; si sarebbe perduto lavoro e le regioni avrebbero perduto royalties… In sostanza, la consultazione appariva connotata da un’impronta antindustrialista e da un’incapacità di affrontare il problema con il dovuto spirito di mediazione e su di essa la maggior parte delle richieste iniziali era stata anche accolta…Il referendum era stato promosso da dieci regioni, ma poi due si erano ritirate e altri tre presidentii avevano detto che avrebbero votato “no”…
Il prossimo appuntamento è per dopo le ferie, a ottobre sulla riforma costituzionale, senza quorum, perché la costituzione non lo prevede, e illustri commentatori hanno dedicato parecchio spazio nell’opera di divinazione esercitata sul rapporto tra la consultaziopne appena svoltasi e la prossima tra qualche mese. Ad avviso di chi scrive è tempo perso, anche se è stata formulata l’ipotesi che il premier potrebbe pensare a usare l’arma segreta di una bella riduzione delle imposte…. Con ripercussioni imperscrutabili?
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