Negare, negare sempre, anche l’evidenza. La regola aurea del tradimento amoroso pare sia stata fatta propria dal Movimento 5 Stelle per tutte le volte che si viene beccati in flagranza di reato pentastellato. La conferma ci arriva dalla travagliata formazione della storica giunta Raggi con ritualità ancien regime non proprio edificanti.
Tutto è parso infatti tremendamente simile ad altre esperienze, sicché la promessa di cambiamento, a partire da alcune cattive e antiche abitudini della politica italiana, è stata di fatto rinviata. Abbiamo assistito anche alla più classica delle trombature sulle vie del Campidoglio di un assessore dato per sicuro fino all’ultimo (Andrea Lo Cicero allo Sport), che per certi aspetti ha ricordato certuni sfigati che perdevano il dicastero assegnato nel tragitto che portava il Presidente del Consiglio, con la lista dei ministri in mano, da Palazzo Chigi al Quirinale per l’atto di controfirma del Capo dello Stato.
Più in generale, si può dire che se le sono “date” democristianamente di santa ragione, a proposito delle scelte alemanniane di “Virginia”, ma non solo, prima di firmare la tregua fra gruppi e fazioni già da tempo contrapposti. Nulla, in vero, di realmente clamoroso di cui scandalizzarsi, se non fosse che i protagonisti di tale spettacolo sono i giusti, gli onesti e i moralizzatori dei nostri tempi, i quali - come suddetto - hanno da par loro negato tutto: con twitt, comunicati nel sacro blog e sui profili social personali, fino alle ultima intervista di Alessandro di Battista sul colle capitolino mentre si teneva la prima riunione consiliare. Alla fine si sarebbe trattato delle consuete e fantasiose ricostruzioni giornalistiche: propaganda di regime, balle colossali che si racconterebbero sulle beghe grilline per provare a danneggiarne l’immagine adamantina.
C’è da dire che in questo negare e contrattaccare parlando d’altro e d’altri il Movimento della Casaleggio & associati continua ad avere gioco facile e terreno fertile in un nazione ammorbata e priva di memoria. I 5 stelle stanno vivendo in sostanza la luna di miele elettorale e niente al momento sembra scalfirli e tutto può diventare anche incredibilmente motivo di insospettabile elogio; come dimostra la lisciata felpata di pelo di Paolo Mieli, a proposito della ricercatrice italiana accusata ingiustamente di "traffico illecito di virus" poi prosciolta dopo il consueto calvario umano e giudiziario.
All’epoca dei fatti i 5 stelle fecero una campagna feroce per far dimettere l’allora parlamentare Ilaria Capua dal propri incarico in commissione, perché basta il dubbio e il sospetto. La protagonista principale della azione giustizialista a nome del Movimento 5 stelle - sottolinea Mieli nel suo editoriale - appresa la buona novella, con una telefonata oltreoceano, dove la ricercatrice è intanto fuggita, ha chiesto scusa. Atto, questo, meritevole di considerazione ed encomio del direttore del Corriere della Sera ai tempi del primo circo mediatico-giudiziario di Mani Pulite, da estendere a tutti i 5stelle.
Peccato per Mieli se nel frattempo questi abbiano prima negato di aver mai fatto una campagna criminalizzatrice, a dispetto degli atti parlamentari che ne provano il contrario, poi cercato di far sparire dal web la gogna mediatica messa in piedi. Operazione riuscita solo in parte, come sottolineato dal "Foglio", ma sufficiente a far passare il tutto velocemente in cavalleria rispetto a un’opinione pubblica incazzata ma anche fin troppo distratta e indulgente con i cittadini normali, attesi – finalmente – alla prova inconfutabile e questa volta innegabile del governare.
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