Il referendum abrogativo (art.75 della costituzione) prevede l’abrogazione totale o parziale di una legge mediante voto popolare, di una legge approvata ed entrata in vigore; il referendum costituzionale (art. 138 della costituzione) investe il procedimento legislativo prima della promulgazione di una legge già adottata e stabilisce che essa non è promulgata se non approvata dalla maggioranza dei voti validi espressi nel referendum (anche se viene pubblicata – eccezionalmente prima della promulgazione – al solo scopo di rendere possibile proprio l’eventuale rerefendum).
L’ex presidente della Corte costituzionale Valerio Onida aveva presentato ricorso avverso il referendum sulla legge di riforma costituzionale sottoposta a referendum per la quale si dovrebbe votare il 4 dicembre prossimo facendo presente che la legge contiene disposizioni diverse delle quali gli elettori potrebbero condividerne alcune, ma non altre e sostenendo la necessità di una divisione dei quesiti.
È una vecchia questione nella quale incorremmo noi radicali ancora negli anni settanta nella proposta di referendum sulla caccia, proposta che non fu ammessa per l’indicato motivo. Il Tribunale di Milano non ha ammesso il ricorso di Valerio Onida perché in tal modo si snaturerebbe il referendum costituzionale in sostanza cambiando la legge ed intervenendo nel processo di formazione della stessa.
È la tesi già sostenuta su Agenzia Radicale mesi fa, quando analogo tentativo di presentare una pluralità di domande di referendum, venne avanzata in sede politica, alla quale si replicò che la costituzione consente un referendum sull’intera legge, come risulta chiaramente dal testo dell’art. 138 (Le stesse leggi – di revisione costituzionale – sono sottoposte a referendum popolare….) senza possibilità di sottoporre alla consultazione popolare anche una parte di essa.
Il voto popolare cioè non vuol entrare nel meccanismo di formazione della legge e dei suoi specifici contenuti, ma consentire un giudizio popolare complessivo sulla modifica della costituzione, se essa è ritenuta o meno accettabile.
Quella che si chiede al popolo è una valutazione politica, fondata su motivazioni di qualsiasi natura. M appare confermata dall’ultima disposizione dell’art. 138 che non ammette il referendum se la legge di revisione costituzionale nella seconda votazione è stata approvata con la maggioranza dei due terzi da parte sia del Senato che della Camera, una disposizione che addirittura sembra passar sopra del tutto alla volontà popolare direttamente espressa.
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