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23/11/24 ore

Egitto, democrazia presa a Morsi


  • Livio Rotondo

A poco meno di due settimane dalla svolta reazionaria del Presidente Mohamed Morsi, resta altissima la tensione in Egitto: i manifestanti continuano a scendere in piazza, sfidando la guerriglia urbana, per chiedere un governo più democratico. Lo scorso 22 novembre, infatti, dopo l'emanazione di un nuovo decreto costituzionale con cui Morsi si è di fatto attribuito poteri illimitati, l'Assemblea costituente ha approvato la sharia, la legge coranica, come base del diritto egiziano.

 

Relegata la Magistratura ad un ruolo puramente formale, totalmente priva di indipendenza, il primo Presidente eletto dai cittadini (per incarnare gli ideali della "primavera araba") si è trasformato, per dirla con le parole del leader dell'opposizione, Mohamed el Baradei, nel nuovo "Faraone d'Egitto".

 

Il 15 dicembre è previsto il referendum per approvare definitivamente la nuova Costituzione ma, nonostante gli apparenti tentativi di dialogo, il braccio di ferro tra manifestanti e Fratelli Musulmani non accenna ad interrompersi: durante i tafferugli del 5 dicembre, 7 persone sono rimaste uccise e in centinaia sono state ferite.

 

Le violenze di questi ultimi giorni e la rigida determinazione di Morsi a non cedere di un passo sulla propria volontà di governare un Paese sull'orlo di una guerra civile, hanno portato sette consiglieri del Presidente a rassegnare le dimissioni. Il 6 dicembre i manifestanti hanno sfidato l'ordine di sgombero della guardia presidenziale e sono rimasti in piazza scandendo slogan come: "Dite agli altri 'non abbiate paura, Morsi se ne deve andare' ", "libertà libertà", "abbasso i Fratelli musulmani".

 

Dopo l'attacco di ieri sera al quartier generale dei Fratelli Musulmani al Cairo, l'Egitto post-primavera araba oggi resta in attesa delle nuove manifestazioni dell'opposizione in quella che è stata definita la giornata del 'cartellino rosso' per il presidente Morsi: 17 cortei hanno deciso di convergere verso il palazzo presidenziale per protestare contro la politica attuata dal 'faraone' e per proporgli una sorta di 'ultimatum finale'.

 

"Il Fronte rinnova il suo appello agli egiziani a riunirsi oggi nelle piazze d’Egitto" si legge in un comunicato diramato dall'opposizione. Un appello diffuso anche dai giovani del 'Movimento del 6 aprile', lo stesso che ha contribuito in maniera determinante a lanciare la rivolta contro l’ex presidente Hosni Mubarak. L’invito è quello di far muovere i cortei di protesta "da tutte le moschee di Guizeh e del Cairo verso il palazzo di Ittihadiya, e da tutte le moschee d’Egitto verso le piazze della rivoluzione".

 

Intanto Barack Obama ha telefonato al presidente egiziano Mohamed Morsi per esprimergli la sua "profonda preoccupazione" per il numero di feriti e di morti che si sta registrando in queste giornate di protesta: "Tutti i leader politici egiziani devono esprimere chiaramente ai loro sostenitori che la violenza è inaccettabile" ha dichiarato il presidente americano, rivolgendo poi lo stesso appello anche agli esponenti dell'opposizione ed esortando entrambe le parti ad avviare un dialogo "senza precondizioni".

 

Soluzione che gli oppositori di Morsi sono disposti ad accettare solamente se verranno annullati i decreti con i quali il presidente egiziano ha accentrato tutti i poteri nelle sue mani.

 

 


 

 

 

 


 

 


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