«Vive le Prince!» «Visca el Príncep!». Così è stato accolto Emmanuel Macron l’altro giorno ad Andorra da una folla festante. I conti tornano, perché lui è veramente il principe del minuscolo Stato extracomunitario a cavallo dei Pirenei. Co-principe, per la precisione, perché l’altro è Joan-Enric Vives i Sicília, dal 2003 arcivescovo della Seu d’Urgell, cittadina catalana a una decina di chilometri da Andorra.
Un tempo, bisogna risalire al XIII secolo, il vescovo condivideva la sovranità col conte di Foix, contea che nel 1607 Enrico IV inglobò nella corona di Francia. Oggi sono quindi i presidenti della Repubblica ad aver ereditato il co-principato. E infatti un presidente francese e un vescovo catalano - l’ultimo Principe-Vescovo insieme al papa - si sono ritrovati fianco a fianco a visitare il loro feudo pirenaico.
Alcune cronache di questa giornata particolare hanno evidenziato il discorso europeistico di Macron, l’invito ai suoi sudditi perché ancorino ancora di più Andorra all’Europa, cioè perché facciano altri passi verso l’abbandono del loro status di paradiso fiscale. Va ricordato che solo nel 2010 Andorra è potuta uscire dalla lista grigia dell’OCSE, e solo nel 2018 sono entrate in vigore misure di trasparenza sui conti bancari intestati a cittadini dell’EU. Macron si è poi impegnato a difendere l’indipendenza di Andorra, anche se non si capisce da chi. Comunque giù applausi.
Ma del discorso che il co-principe Emmanuel ha rivolto ai suoi sudditi rimarrà soprattutto questo passaggio. «Ho sempre difeso il diritto delle donne a disporre del loro corpo, e come presidente della Repubblica francese ho fatto dell’uguaglianza uomo-donna una priorità. Ma in qualità di co-principe, chi sono io per dire al vostro popolo ciò che è opportuno fare, voi che scegliete democraticamente le vostre leggi?».
Per poi aggiungere: «Continueremo ad accogliere negli ospedali in Francia le situazioni che richiedono questo impegno». Di tutta evidenza il co-principe deve stare attento a come parla se non può pronunciare la parola aborto.
L’argomento effettivamente è delicato, perché l’altro co-principe non ne vuole proprio sentir parlare, minacciando di dimettersi, pardon, di abdicare, e di far saltare l’assetto istituzionale del principato qualora si dovesse mettere mano alla legislazione proibizionistica attualmente in vigore. Per lui è sacrosanto che ad Andorra i medici rischino tre anni di carcere e fino a cinque anni di interdizione ad esercitare la professione se praticano un aborto. Anche in caso di stupro, di incesto, di grave malattia del feto o pericolo di vita per la madre.
Come, del resto, per rimanere in Europa, a San Marino, a Malta e nel Liechtenstein, oltre che in Vaticano. E guai anche a informare le pazienti su dove rivolgersi all’estero. «Voi venite nel nostro Paese a comprare le sigarette, noi veniamo nel vostro per comprare i nostri diritti», denuncia in francese lo slogan di Stop Violències, associazione andorrana che si batte per la legalizzazione dell’aborto.
Ed è così che nell’Europa del XXI secolo un vescovo cattolicissimo tiene in scacco il Presidente della laicissima République Française.
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