Dell’azione di Renzi, Domenico De Masi - intervistato su Quaderni Radicali 111 - dà una lettura che muove dall’interpretazione della società italiana. Con la percezione – alimentata dai media – di essere giunta a un limite estremo di non ritorno, quest’ultima ha finito per aprire la via all’ascesa dell’ex sindaco di Firenze, che ha saputo farsi tanto tattico che decisionista conquistando così un ruolo da protagonista sulla scena politica.
Più che nell’assenza di alternative il rischio vero che si corre, secondo De Masi, è nel fatto che anche Renzi – come altri esponenti politici – non dispone di un modello capace di incidere sulla realtà di un mondo pesantemente condizionato dall’economia finanziaria.
In questi ultimi due anni, abbiamo assistito alla rapida ascesa di Renzi che – dopo aver vinto le primarie nel PD – ha presto scalzato Enrico Letta per assidersi al suo posto a Palazzo Chigi. Ora che riveste i due ruoli di segretario del primo partito e di Presidente del Consiglio, è forse opportuno considerare le dinamiche alle origini del suo protagonismo politico…
Partirei dall’analisi sociale, che è il mio campo privilegiato. Il problema dell’Italia prima che Renzi scendesse in campo, era quello di avere dei conti disastrosi sia sul piano economico, sia sul piano etico. Non c’è dubbio che con Berlusconi la tenuta etica del Paese è stata ridotta al minimo storico: tutti i peccati venivano derubricati a livello veniale, dalla frode in bilancio all’evasione fiscale. Pur non essendo un moralista, non posso non esprimere sconcerto anche rispetto ai costumi sessuali dell’ex premier che – come risulta dal processo di Bari – richiamano realtà da Basso Impero. Questa situazione è stata per Renzi la sua grande spinta: si aveva una tale repulsione per lo stato delle cose che s’era venuto a creare, da accettare qualunque male minore.
Ciò spiega come mai Renzi in quattro battute abbia conquistato tutto il potere. Per avere un precedente dobbiamo risalire a De Mita quando fu segretario della Democrazia Cristiana e insieme presidente del Consiglio. Però De Mita non veniva dopo un periodo di degenerazione totale, che per Renzi è stata la sua massima alleata garantendogli la tolleranza da parte della maggioranza della popolazione. La popolazione in sostanza diceva: purché si metta fine a questa situazione così compromessa, qualunque cosa va bene. A maggior ragione se questo “qualcosa” ha il volto di un giovane rispetto ai vecchi che avevano governato sino a quel momento; di un cattolico vitalista e di una persona che – tutto sommato – non ha interessi personali evidenti com’era per Berlusconi prima.
Renzi ha inoltre dimostrato di agire secondo le regole di quella che chiamavamo “politique d’abord”: abile tattico, ha ridato in qualche modo smalto a una politica finora ridotta a ruoli gregari di altri poteri. E tuttavia in questa gestione all’insegna di un realismo politico a volte fin troppo opportunista, non si intravede quasi mai la capacità di cogliere nel profondo i termini della crisi italiana…
Renzi ha sorpreso anche chi lo conosceva abbastanza bene, perché ha rivelato di essere molto più vicino ad Andreotti dal punto di vista di capacità manovriera e a un tipo di decisionista che da tempo non si vedeva sulla scena politica. Oltre alla voglia del Paese di lasciarsi alle spalle una condizione di assoluta decadenza, Renzi ha potuto godere anche di questa particolare disposizione che riconosceva in lui tanto l’astuzia di un Andreotti, che il decisionismo di un Craxi.
Renzi il suo piano ce l’aveva e consisteva nella volontà di ottenere il consenso necessario che lo portasse al governo. Certo non ha avuto, come Tony Blair, un Giddens che abbia definito il processo che intendeva porre in atto. Il suo piano lo deduciamo dalle azioni che man mano ha fatto. Da queste azioni si deducono i seguenti dati. Innanzi tutto, una persona che vuole stare al governo e che non vuole stare all’opposizione. Vuole stare al potere per cambiare le cose secondo il suo punto di vista, e per stare al potere ha bisogno soprattutto di sfondare a destra perché altrimenti non ottiene i voti necessari per vincere le elezioni. In secondo luogo, per sfondare a destra ha bisogno di fare accanto alle cose che piacciono alla sinistra, delle cose che piacciano alla destra...
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