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16/11/24 ore

Andrea Orlando, la bussola dei diritti civili



Di seguito l’intervento che il ministro di Giustizia, Andrea Orlando, ha pronunciato giovedì 1° settembre 2016 al 40° Congresso del Partito Radicale tenutosi nel carcere romano di Rebibbia. Nell’intervento del ministro Andrea Orlando vanno evidenziati due punti essenziali. Il primo sta nel riconoscimento che i diritti civili sono qualcosa di imprescindibile, se si vuole davvero avviare un processo di riforma che non sia episodico, ma sostanziale della società. Il secondo nel constatare che sarebbe quanto mai riduttivo – e infine rischioso oltre che controproducente – lavorare a un’integrazione europea che riguardasse soltanto l’aspetto della sicurezza e non quello più generale della giurisdizione. Si ripeterebbe, in questo caso, lo stesso errore compiuto in Italia durante gli anni di piombo, quando si emanarono provvedimenti all’insegna dell’emergenza, contribuendo così a pregiudicare le fondamenta stessa di uno Stato di diritto per dare poi la stura al delirio giustizialista.

 


 

Tra le parole di Pannella che più mi hanno colpito e in cui mi è capitato d’imbattermi in questa settimana di ricordi commossi e di riconoscimenti talvolta tardivi, vorrei citare queste: “noi siamo diventati radicali perché ritenevamo di avere delle insuperabili solitudini e diversità rispetto alla gente e quindi una sete alternativa profonda, più dura, più radicale di altri”. Ecco c’è molto dell' idea radicale in questa insuperabile solitudine, in un tratto prima di tutto esistenziale che è però motivo scatenante di questo impegno. È sempre stato motivo per Marco Pannella per una ricerca inesausta, sempre generosissima di compagne e di compagni da avere al fianco nelle sue numerosissime battaglie. Una solitudine, quindi, che non diventa un isolamento ma una spinta a rapportarsi con gli altri ed è in questo spirito che io stesso mi sento coinvolto nella discussione politica franca ed aperta – si diceva un tempo – che animerete.

 

Marco Pannella con Emma Bonino, Loris Fortuna e tanti altri hanno piantato molti semi nel campo delle lotte politiche e sociali del nostro Paese; un campo che nel corso dei decenni è cambiato molto, perché talvolta ha subito degli stravolgimenti repentini, attraverso i quali anche tradizioni e culture politiche imponenti hanno rischiato e tuttora rischiano di definitivamente sbiadire.

 

Consentitemi un'unica annotazione personale: non avevo la stessa valutazione rispetto all'attività politica, alle lotte dei radicali prima di diventare il ministro della giustizia. Per una ragione che confesso qui: io vengo da una tradizione politica, quella della sinistra di ispirazione marxista, che contrapponeva e talvolta anteponeva i diritti sociali ai diritti civili. Considero questi anni per me di formazione, anche nel senso di aver compreso fino in fondo come diritti sociali e diritti civili possono formarsi soltanto congiuntamente. E come una società sia più ricca non soltanto se cresce il prodotto interno lordo, ma sia più ricca se è in grado di allargare la cifra di libertà che caratterizza il suo funzionamento.

 

La storia degli ultimi quarant'anni sta a dimostrare che i semi innestati dai radicali hanno dato dei frutti; spesso hanno aperto dei percorsi hanno trovato solo in seguito il consenso di altre forze politiche. Penso, ad esempio, all'iniziale diffidenza con cui il Pci accolse la battaglia sul divorzio, ma insieme anche il significato di rottura per tutta la stagione successiva che grazie a quel vasto schieramento quel referendum rappresentò...

 

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