L’avvocato Cesare Placanica, presidente della Camera penale di Roma, in questa conversazione si sofferma sul tema dell’amnistia, per evidenziare come esso sia imprescindibile se si vuole avviare un profondo cambiamento del sistema giustizia nel nostro Paese.
Con la marcia del 6 novembre, da parte radicale si è inteso porre al centro dell’attenzione la necessari età dell’amnistia come mezzo per avviare un processo di riforma della giustizia in Italia. Condividi che questo atto, da tempo bloccato in Parlamento, vada interpretato non tanto e solo come gesto di clemenza o attitudine al perdonismo, ma piuttosto come la premessa per rendere più efficiente il nostro sistema giudiziario?
Ne sono più che convinto. L’amnistia presenta due profili: uno risponde, in effetti, alla ratio dell’atto di clemenza da parte dello Stato; ma l’altro – ben più rilevante nel contesto odierno – rimanda alla sua funzione di strumento per governare razionalmente l’amministrazione della giustizia.
Con amnistia e indulto, infatti si regolano due problemi: il sovraffollamento del carcere e il numero incredibile di processi che la macchina della giustizia italiana non è stata mai – e sottolineo mai – in grado di gestire. Con lo spostamento del potere di amnistia dal Presidente della Repubblica al Parlamento, si è avuto un mutamento a mio avviso scellerato, alimentando l’ipocrisia della società che si rispecchia nell’ipocrisia della politica.
Cosa è accaduto? Abbiamo affidato tale provvedimento – che è un istituto eminentemente democratico, presente in tutti gli ordinamenti del mondo civile – all’assemblea degli eletti, che può vararlo solo con una maggioranza qualificata. In tal modo se ne è vanificato l’esercizio, perché nessuno intende sporcarsi le mani emanando un atto che è odiato dal contesto sociale, al quale bene o male si riferiscono i parlamentari in termini di consenso. Difatti, per lungo tempo non abbiamo più avuto alcuna amnistia, sino alla follia del 2006 quando – per la prima volta – passa un condono senza amnistia, per cui si continuano a fare processi inutili che sanzionano pene che saranno poi comunque condonate.
Senza disboscare la quantità dei processi in corso, con le amnistie di fatto risultato delle prescrizioni a loro volta affidate a scelte arbitrarie dei magistrati, è mai possibile anche solo istruire una ipotesi di cambiamento?
È proprio questo il punto...
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