Aspettando i fatti, i primi giorni del “governo del cambiamento” sono stati – come prevedibile – l'occasione per prolungare la campagna elettorale, anche in vista della tornata amministrativa di domenica prossima. Il fronte bicefalo grillo-leghista si è così diviso i temi e le piazze, per ribadire i concetti ormai noti e cari ai rispettivi elettorati. Tuttavia, tra una propaganda e l'altra, sono emersi i primi segnali concreti di cambiamento, quello sì, rispetto alle favole raccontate.
Per esempio, sembrava che Matteo Salvini volesse rivoluzionare quanto fatto finora sul fronte sbarchi e immigrazione. A sentirlo fino all'altro ieri, tutto era sbagliato, tutto era da rifare. E invece, giusto il tempo di annunciare la fine della "pacchia", ed ecco i primi elogi al suo predecessore, Marco Minniti, il quale "ha fatto un discreto lavoro” che – quindi - non sarà smontato. Piuttosto, si lavorerà “per rendere ancora più efficaci le politiche di controllo, di allontanamento, di espulsione".
Anche sulla flat tax qualcosa è cambiato. Ora, già era risaputo quanto la "tassa piatta" fosse solo di nome, vista la previsione di almeno due aliquote. Ma c'è di più. Secondo quanto afferma il leghista Bagnai, in odore di sottosegretariato all'Economia, nel 2019 la tanto strombazzata rivoluzione fiscale riguarderà solo le imprese. Vale a dire chi già beneficia da anni di questo tipo d'imposta. Per contro, le famiglie dovranno attendere il 2020. Sempre che duri. Il “cambiamento”, intendiamo. (red.)
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