Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

23/11/24 ore

'Un enfant de toi', un film di parola al Festival di Roma


  • Florence Ursino

 “La mancanza di te fa parte di me” dice Lei a Lui. Aya e Louis, separati da tre anni, intimamente inseparabili, non possono fare a meno di tracciare la stessa orbita attorno al pianeta incandescente di una passione mai sopita. Soldati in una guerra di cui Lina - loro figlia, 7 anni di puro e infantile ingegno - è stratega e presunta vittima, i due ex si ritrovano a combattere in nove lunghe battaglie/incontri contro l'impossibilità di un distacco.

 

E' ancora un film francese a regalare a questo (piuttosto deludente) Festival romano del Cinema targato Muller, un po' di naturale poesia: 'Un enfant de toi', ultima fatica di Jacques Doillon presentata in concorso nella kermesse filmica capitolina, è la storia di un amore che non dovrebbe essere ma è, di una razionalità debole e insicura messa di fronte alla forza magnetica di ciò che vuoi ma non dovresti volere.

 

La pellicola del regista transalpino è la dettagliata descrizione del nulla che gravita sull'inevitabile attrazione tra due diversità fatalmente complementari: nient'altro ha ragione d'esistere, senza l'affannoso rincorrersi di Aya e Louis (gli eccellenti Lou Doillon e Samuel Benchetrit) e questo può essere crudele e spaventoso. Diviso in tre atti, fitto di dialoghi (in perfetto stile Rohmeriano) e di intimi piani sequenza, 'Un enfant de toi' è fondamentalmente un film 'di parola', un racconto dal tempo teatrale privo di pause e silenzi in cui il nervo scoperto dei sentimenti viene costantemente stuzzicato da frasi calde, brevi, apparentemente scontate come il bisogno di stare insieme dei due protagonisti.

 

Il tempo della narrazione diventa così il tempo del film (140 minuti circa) e ogni istante, ogni incontro, ogni movimento viene delicatamente catturato dalla macchina da presa nel suo naturale decorso, senza interruzioni forzate. Ed è forse proprio questa mancanza di tagli l'unico punto debole della pellicola, che ne risente in scorrevolezza e ritmo, risultando leggermente appesantita nella strada verso un finale facilmente intuibile.

 

- 'Twilight: Breaking dawn' - parte 2', la fine della saga (si spera)

- 'Ixjana', I fratelli Skolimowski non convincono

- 'E la chiamano estate', un film preoccupante

- 'S.B. Io lo conoscevo bene, Berlusconi di nuovo protagonista

- 'Il turno di notte lo fanno le stelle', in cima alla montagna con Erri De Luca

- 'Marfa Girl', quel leggero passo oltre la soglia

- 'Il volto di un'altra', maledetto botulino

- 'La scoperta dell'alba', un film senza sale

- 'Alì ha gli occhi azzurri', l'eco della Profezia pasoliniana

- 'Main dans le main', la metamofosi del sentimento 
- 'Centro Historico', un coro di voci per il Portogallo

- 'Spose Celesti dei Mari della Pianura', per dormire al Festival


Aggiungi commento