La tragedia climatica dei poli ci comunica una situazione di non-ritorno. Stiamo progressivamente uscendo fuori dalla nostra casa e non potremo rientrarvi. Dal 1975 (metri 3,59) al 2012 (1,25) lo spessore della calotta glaciale s’è drammaticamente ridotto di due terzi.
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POESÌ di Rino Mele
Il feroce colore del ghiaccio
Nel giardino di fine inverno, appaiono i limoni ma nessuno
li coglie, il braccio teso
resta fermo nell’aria di vetro.
Nel bianco
che del bianco s'addolora, i volti ghiacciati dei morti
hanno maschere di legno: a Point Hope,
in Alaska, il piccolo cimitero
è segnato da ossa di balena infisse per tenerli lontani, gridar loro
sottovoce di non superare quel confine.
Una fine orrenda s’apre a scatti
come un automa malato. Il ghiaccio dell'Antartide s'è
assottigliato e scomparirà
presto, i mari s'alzeranno: saranno
le onde scomposte di un immenso Lago di Tiberiade dove
nessuno potrà correre, e Pietro
come sull'acqua di quella notte, tra le rive opposte di Bethsaida
e Gennesaret, ritroverà intatto il terrore di naufragare.
Quando le catastrofi
supereranno la linea della matita che i bambini
imparano subito a tracciare sul grande foglio della paura,
il nostro sonno diventerà trasparente,
vi guarderemo dentro e, in un allucinato sgomento,
penseremo di fuggire, scendere in un pozzo sempre più profondo
per andare nell'altra parte del mondo, uscire dallo specchio,
ritrovarsi con le mani ferite
dai frammenti della superficie
fatta a pezzi, con il mondo distrutto, senza più nessuna porta
per poter rientrare. Ed è questo
il racconto che Dante fece del triplice viaggio per scampare
a se stesso.
Si sono sciolti i nodi e mai più ricomposti, non possiamo fingere
che un materno furore ci stringa ancora nella sua bocca
come la volpe marina
quando divora.Il ghiaccio ai poli scompare e toglie l'illusione
d'appartenenza a una specie
quasi immortale, che fa ancora spettacolo di sé in un piccolo
circo coi cavalli rimasti dritti nella morte,
e leggeri clown squittiscono i versi del duello di Eteocle
e Polinice, i due fratelli che si uccidono
ogni sera. Mentre le funi e i trapezi sbattono nella bufera.
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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud, ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.
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