La polemica di Zagrebelsky sulla vicenda della trattativa stato-mafia che ha investito il presidente della Repubblica e la piccata risposta di Scalfari infiammano lo scontro ormai a visto aperto tra le diverse anime di Repubblica.
Alla vigilia meeting di Comunione e Liberazione – quest’anno quanto mai interessante dopo la bufera formigoniana – il settimanale 'Tempi' anticipa online i contenuti di un’intervista che il direttore Luigi Amiconi ha strappato al Presidente del Consiglio, nella quale tutti i temi più scottanti dell’agenda politica sono stati toccati. Fra questi non poteva mancare la Giustizia, vero cancro del sistema-paese, ripetutamente oggetto delle denunce radicali.
Italo Bocchino: cognome impegnativo, il suo; portato però con disinvoltura e senza imbarazzi. Diventa noto ai più dall’inizio della stagione antiberlusconiana di Gianfranco Fini, quando salta da un talk show politico all’altro per prendere posizione in nome e per conto della fronda finiana del Pdl, poi diventata Futuro e libertà. I suoi eccessi di fedeltà non poche volte mettono in difficoltà il capo, creando malumori anche fra quei futuristi intenzionati a salvare il salvabile dell’alleanza con il Cavaliere.
Non è andata giù a Beppe Grillo il coinvolgimento di Giovanni Favia, consigliere regionale del M5S in Emilia Romagna, nella vicenda delle interviste a pagamento in tv. Favia ha ammesso l’utilizzo di fondi pubblici per farsi intervistare su alcune emittenti locali, e ciò ha provocato l’ira dell’ex comico genovese, che sul suo blog ha bacchettato il consigliere: “Pagare per andare in televisione per il Movimento 5 Stelle è come pagare per andare al proprio funerale, anche se è certamente lecito. I soldi pubblici e il M5S sono inconciliabili”.
La notizia, lanciata dal Foglio e confermata dal Fatto, di una spartizione delle nomine già stabilita dai vertici del Partito Democratico in vista delle politiche del 2013 lascia perplessi. E’ stato un dirigente del partito, rimasto anonimo, a svelare il cosiddetto “patto di sindacato del Pd” volto a ripartire i posti chiave di governo in caso di vittoria alle prossime elezioni.
Negli ambienti giornalistici sono genericamente note come marchette. Quella però in uso nella Regione Emilia Romagna è un po’ diversa, fatta con tutti i crismi dell’ufficialità e tanto di fattura: il politico di turno conclude un accordo con un’emittente televisiva locale per una “comparsata” in un talk show o per un’intervista, in cambio paga una somma di denaro regolarmente registrata, secondo un tariffario ben definito. Il tutto è fatto rigorosamente con soldi pubblici.
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