L’ultimo numero di “Internazionale”, ancora in edicola, riporta da “The New York Times” un lungo articolo di Brooke Jarvis, dal titolo, Un mondo senza insetti. Eccone un breve passaggio: “L’estinzione è una tragedia profonda, che tutti possono comprendere. Non c’è modo di tornare indietro. La colpa di aver fatto scomparire una specie unica al mondo è eterna”.
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POESÌ di Rino Mele
La scomparsa di passeri e usignoli
Nelle onde alte d’insetti trasformano la vita appena predata
piccoli uccelli.
L'animale per l'uomo è solo quello servile che gli vive
accanto, l'altro nella ferocia
e nella grazia
è la bestia che non sa ricordare, la tenebra. Joseph K,
sempre lui, gira sulla giostra che altri gli apprestano, il processo,
la condanna cui non sfugge. Una stanza nell'altra. Diventa
un cane
che qualcuno bastona, l'ape che una mano schiaccia, la capra
sottratta al pastore. La fine
è terribile,
come un triangolo che lo stesso angolo
ripeta,
disperata, un’immagine nascosta,
la sovrapposta ansia di due figure, la vittima che nel suo sangue
scompare.
"Come un cane"
dice Joseph K morendo “e fu come se la vergogna dovesse
sopravvivergli”.
Ogni notte si spezza il legame diurno, la legge,
il fragile predisporsi di sillogismi, la prospettiva riconosciuta: tornano a
parlati i morti
mai usciti dalla loro vita, gridano dolcemente in stanze barocche
immense
senza porte e finestre, come piazze interne, non puoi chiedere a
nessuno, ognuno
è impegnato a parlare ad altri senza farsi ascoltare, ti accorgi
che non hanno orecchie, né bocca, solo occhi larghi a scrutare (eppure
li senti parlare).
Una volta svegli, mostriamo il nostro volto nel frammento
della voce, nel respiro
medicato, l'iniziale ripetizione della stessa sillaba, drammatico rapporto
tra due attori che non si conoscono, il pensiero (una pianura
bianca)
e la parola col suo inganno. L'ape esprime la necessità della specie,
ripete la danza, la curva
che solo conosce, di ritorno all'alveare. Noi osiamo parlare, con
individuale superbia,
costruendo nuovi e connessi labirinti, inaccessibili e aperti.
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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud, ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.
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