C’è chi (l’antiberlusconiano in servizio permanente effettivo) ha temuto davvero di perdere la fonte primaria delle proprie fortune; c’è chi (l’elettore del Pdl) ha creduto - terrorizzato - di dover ora scegliere fra Alemanno, Santanché, Mussolini e Polverini; c’è chi (Romano Prodi) ha forse dubitato che le sue doti paranormali da spiritista anni Settanta non fossero più quelle di una volta… e, invece, tutto è filato come previsto dal purosangue Umberto Bossi: "si ritira? Non credo, ha un sacco di processi”.
Domenica 28 ottobre, a quasi tre mesi dalle dimissioni del governatore Raffaele Lombardo, si svolgeranno le elezioni regionali in Sicilia. Elezioni che finora non hanno avuto particolare rilievo in ambito nazionale e sulle quali appare quindi utile tracciare un breve quadro generale. I protagonisti principali nella corsa alla presidenza saranno: Rosario Crocetta (sostenuto da Pd-Udc-Api-Psi), Nello Musumeci (Pdl-La Destra), Giancarlo Cancelleri (Movimento 5 Stelle), Gianfranco Micciché (Grande Sud-Mpa-Fli) e Giovanna Marano (Idv-Sel-Verdi-FdS).
"La serva serve", diceva Totò. E il garante garantisce. Almeno così dovrebbe essere nell’ordine ovvio delle cose. Tuttavia, almeno in Italia, non sempre ciò può essere dato per assunto. C’è bisogno di dimostrarlo concretamente, con i fatti. Ne sa qualcosa Antonello Soro, da quest’anno presidente dell’Autorità Garante per la Privacy, chiamato a dirimere l’ennesima controversia fra Bersani e Renzi nel percorso tortuoso che porta alle primarie del centrosinistra.
"Questa è la resa dello Stato". Per questo motivo dalla mezzanotte di oggi la deputata radicale Rita Bernardini inizia uno sciopero della fame che alternernerà a quello della sete per ribadire la necessità di un provvedimento di amnistia che ponga fine all’illegalità in cui versa la giustizia italiana e "la sua appendice carceraria".
Il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo è certamente uno dei protagonisti della campagna elettorale in Sicilia che si concluderà con il voto di domenica prossima. A generare polemiche, oggi, è la notizia per la quale i candidati grillini per ottenere il placet del partito hanno dovuto firmare delle dimissioni in bianco. A porre il problema è stato il deputato radicale Matteo Mecacci, presidente della commissione diritti umani dell’Osce.
Non sarà simpatico a molti elettori, personalmente e politicamente, ma il trattamento speciale riservato dalla dirigenza del Pd ogni giorno nei confronti di Matteo Renzi sta assumendo aspetti non proprio compatibili con quell’aggettivo “democratico” sul quale il partito fonda il suo nome e la sua politica.
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