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23/11/24 ore

'The mole song', viaggio delirante nel cinema di Takashi Miike



Reiji è un poliziotto pasticcione, privo di qualità ma pieno di voglia di fare; proprio per questo motivo viene scelto per infiltrarsi sotto copertura in un organizzazione mafiosa, la temibile Yakuza giapponese, e stanare il boss del clan, colpevole di traffico di droga. Una trama lineare, classica, per un film - quello di Takashi Miike, presentato in concorso al Festival del Film di Roma – folgorante, esilarante, beffardo, kitsch e chi più ne ha più ne metta.

 

Il prolifico regista giapponese, con il suo ‘The Mole Song – Undercover Agent Reiji’, si conferma uno degli artisti più visionari, liberi e geniali del panorama contemporaneo. La sua ultima opera, un viaggio delirante tra manga, anime e cinema, è un’esplosione di invenzioni grafiche, scenografie ipercolorate con gialli e rossi predominanti, costumi improbabili, musiche che rasentano il ridicolo, recitazione eccessiva e dialoghi inimmaginabili.

 

La violenza ‘rodrigueziana’ di cui si nutrono generalmente le pellicole di Miike è qui rappresentata in chiave comica e decisamente pop (vedi le budella che diventano farfalle): lo spettatore intraprende un percorso oscillante tra l’onirico e il demenziale, fatto di botte, sparatorie, inseguimenti e sesso esilarante, una sorta di grottesco ‘Oz’ in salsa orientale condito con trovate registiche e narrative straordinarie nella loro originalità.

 

Miike oltrepassa i generi e in 130 minuti restituisce al suo pubblico uno dei più riusciti esperimenti espressivi degli ultimi tempi, postulando con esso la possibilità di creare nella più assoluta libertà un’opera plurilinguistica (cinema tradizionale, fumetto, animazione, videoclip) in perfetto equilibrio tra delirio estetico e magistrale padronanza dell’arte cinematografica. L’amore muove il mondo, la giustizia lo governa e la vendetta lo riscatta. Ma una risata ci seppellirà.

 

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