Aspettando i fuochi d'artificio della legge di bilancio, quella che ci siamo lasciati alle spalle non è stata una settimana facile per gli esponenti di spicco del governo. Certo, Matteo Salvini ha avuto qualche occasione in più per alimentare la sua propaganda, ma tutto sommato avrebbe fatto volentieri a meno della brutta tegola dei 49 milioni di euro di cui si ignora il destino. Nondimeno, il braccio di ferro con la magistratura per la Diciotti potrebbe alla lunga logorare la tenuta dell'alleanza con i giustizialisti grillini, anche se nel breve è servito a distrarre gli innamorati del “capitano” dalle promesse mancate, a partire proprio dalla politica migratoria del ministro degli Interni, che sarebbe dovuta partire a spron battuto con l'espulsione immediata di circa 600mila “clandestini”
“Non dire gatto se non ce l'hai nel sacco”. Luigi Di Maio ha usato il motto caro a Giovanni Trapattoni nel dare l'annuncio dell'accordo raggiunto sull'Ilva tra l'acquirente ArcelorMittal e i rappresentanti dei lavoratori. Chissà, sotto sotto il ministro dello Sviluppo economico spera ancora che accada qualcosa di irreparabile che mandi tutto all'aria prima della firma definitiva.
Ne hanno sparate una dietro l'altra fino a ieri: a raffica. Erano colpi a salve, a beneficio dei tifosi-elettori, ma pesanti. Tanto che le conseguenze sui mercati si sono comunque viste. Ma ora che siamo a settembre si deve giocoforza passare ai fatti, guardando la realtà e mettendo un po' da parte le chiacchiere da bar.
Nell’intervista che Paolo Mieli ha rilasciato lunedì 3 settembre a Maurizio Caverzan per il quotidiano «La Verità», vi sono tre passaggi che meritano di essere segnalati e sui quali occorre svolgere una qualche riflessione. di Luigi O. Rintallo
Nel prepararsi al momento cruciale, la loquacità la fa da padrona. Interviste a tutto tondo, televisive e non, comizi e quant'altro si susseguono a ritmo quotidiano. Dopo i misfatti della Diciotti, particolarmente attivo si è mostrato il vicepremier a 5 Stelle, che a ogni azione eclatante di Salvini, piazza la sua reazione a parole non sempre uguale ma nemmeno contraria.
Non hanno trovato la pistola fumante. Perché a quanto pare lo Stato, per mano del precedente governo, si è macchiato del classico “delitto perfetto”. Parola – il che è tutto dire – di Luigi Di Maio.
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