Si stenta a credere che tra le tante cose belle che ci potrebbe regalare un governo a 5 Stelle ci sia anche – tenetevi forte - “la rivoluzione liberale”. Eppure così pare. Almeno a voler dar credito alle parole di Luigi Di Maio (altro che Silvio Berlusconi, che promise e non mantenne).
La squadra di governo? La lista dei ministri? I grillini ci stanno lavorando. Da un bel po', per la verità. Ne sentiamo infatti parlare da mesi del fatto che per la prima volta gli elettori conosceranno nome e cognomi prima delle elezioni.
“Abbiamo scassato, abbiamo scassato!” Il tormentone di Luigi de Magistris dopo la storica vittoria suona oggi beffardo. Dopo sei anni rivoluzionari, l'amministrazione del Comune di Napoli ha infatti 60 giorni di tempo per evitare il dissesto finanziario. La Corte dei Conti è stata chiara: vanno poste in essere “le misure correttive necessarie a superare le rilevate criticità...”.
Lo ha ribadito anche nel decennale del Pd: ormai ha fatto altre scelte di vita, anche se – pensando alle scissioni recenti – “non sarà mai altrove”. Detto in soldoni, Veltroni vuole restar fuori dalla mischia. Un po' come è accaduto in questi anni, in cui si è occupato di altre sue passioni, tra giornalismo sportivo, libri e cinema.
Oggi il M5S si lamenta che la legge elettorale approvata alla Camera è pensata contro il movimento. Ma la sola proposta presentata dai pentastellati nel 2014 non scherzava quanto a opportunismo politico.
Forse è proprio vero, Grillo ha fatto il suo tempo e fa bene a fare il "passa di lato". Una volta bastava soltanto evocare una sua presenza in piazza per attirare le masse grilline allo show gratis. Ora invece tirano di più un congiuntivo sbagliato di Di Battista o una gaffe storico-geografica di Di Maio che un vaffa a squarciagola di Beppe.
Il nodo sta piano piano venendo al pettine e non è difficile - visti i precedenti - intuire come verrà alla fine sciolto. Il partito banderuola ci ha infatti abituati ai salti mortali-carpiati-rovesciati sulle fantomatiche regole "inderogabili". Tra i capisaldi c'è senza ombra di dubbio la mitica “regole dei due mandati”, che col tempo mostra inevitabilmente la corda, man man che i primi cittadini eletti nelle assemblee rappresentative, proprio sul più bello, quando magari cominciano a capirci qualcosa, vedono all'orizzonte la fine forzata della straordinaria avventura.
La questione dei cosiddetti portaborse e del loro sfruttamento, tra paghe basse, accordi in nero e qualche "scivolone" a sfondo sessuale, fa parte di quelle polemiche tipiche di inizio e di fine legislatura. In genere ci pensano Le Iene o Striscia la notizia a dare la stura a modo loro. Dopodiché parte la bagarre, se ne parla, ci si indigna, ci si riempie di buoni propositi e poi tutto passa in cavalleria in attesa che il tema ritorni d'attualità.
Il recente trittico di casi giudiziari (Mastella-Del Turco-Penati), finiti male per gli inquirenti, ha rinverdito la polemica su ciò che affligge il paese da Mani Pulite in poi. In proposito non abbiamo mancato di evidenziare, nel nostro piccolo e una volta di più, quella che va considerata nel complesso la vera emergenza italiana. Purtroppo in questa denuncia manca il supporto dei grandi media, spesso complici e artefici della gogna che si scatena sui malcapitati di turno.
Siamo stati per un po' a guardare, senza sapere da che parte stare. Poi, Rajoy e i metodi bruschi della guarda civil hanno messo tutti d'accordo sulla condanna delle violenza e la repressione. Da questo punto di vista il coro italiano è stato più o meno unanime e di principio. Come di principio – più che fondato – sono stati i richiami alla illegalità del referendum in violazione della costituzione spagnola.
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